Napoli, innocente ammazzato: ergastolo alla madrina

Napoli, innocente ammazzato: ergastolo alla madrina
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 31 Dicembre 2020, 09:29 - Ultimo agg. 17:59
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È stata condannata all'ergastolo Anna De Luca Bossa, ritenuta mandante del duplice omicidio Raffaele Cepparulo e Ciro Colonna, quest'ultimo ucciso per errore.


Stessa condanna anche per Ciro Rinaldi, alias Mauè, ritenuto boss della camorra di Napoli est, a conferma delle indagini della Dda di Napoli su uno degli episodi più inquietanti avvenuti negli ultimi anni. Parliamo dell'agguato consumato all'interno di un circoletto ricreativo, in quel di Ponticelli, dove i killer dei Rinaldi entrarono in azione, puntando contro Raffaele Cepparulo (nella foto), ritenuto a sua volta boss dei cosiddetti «barbuti» del rione Sanità, che si nascondeva a Ponticelli perché in fuga da una faida per la conquista del centro cittadino.


IL RAID
Ricordate la storia delle paranze? Anni di guerra, di violenza metropolitana, scanditi da decine di agguati spesso a scopo dimostrativo (le cosiddette stese), ma dagli effetti micidiali. Cepparulo era mimetizzato in un lotto di case popolari, all'interno di un circoletto, quando entrarono in azione i killer. Venne ucciso anche un ragazzo estraneo alla camorra, aveva appena 18 anni. Non aveva alcun legame con i clan e con le dinamiche di morte che si abbatterono su Napoli in quel periodo. Si chiamava Ciro Colonna, abitava a pochi metri dal luogo dell'agguato. Perse gli occhiali nella fuga e i killer rimasero impressionati da un suo possibile passo falso. Ucciso senza un motivo. Ucciso mentre provava a tornare a casa, come avrebbe fatto chiunque. Un verdetto che accoglie la richiesta di condanna, ma anche le conclusioni di parte civile da parte del penalista Marco Campora, che ha assistito la famiglia di Ciro Colonna.

Sognava una vita serena, possibilmente dedita al lavoro e alla passione per interessi puliti, fu ucciso nel corso di una guerra senza esclusione di colpi. Un agguato finalizzato a chiudere i conti contro il presunto boss dei «barbudos», conosciuto come «Ultimo», quel Raffaele Cepparulo che era stato scarcerato appena pochi mesi prima. Aveva tatuato sul petto la scritta «Antonio Genidoni», a sua volta emergente alla Sanità. Brutte pagine di violenza criminale, su cui ora c'è un verdetto d'appello che inchioda per ora la presunta mandante dell'agguato.

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