Istituto Pascale di Napoli, il caso dei precari: «A 50 anni eccellenze senza un posto fisso»

Il Polo oncologico partenopeo assorbe il più alto numero di ricercatori precari in Italia

L'età media dei precari della ricerca nella sanità pubblica italiana è di 42 anni
L'età media dei precari della ricerca nella sanità pubblica italiana è di 42 anni
di Ettore Mautone
Giovedì 24 Novembre 2022, 11:00
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Camici bianchi precari: sono 167 i ricercatori del Pascale rimasti al palo delle tante stabilizzazioni in atto nelle Asl e negli ospedali campani, in quanto esclusi dalle leggi che, prima e dopo il Covid, a livello nazionale, disciplinano il passaggio dal tempo determinato al tempo pieno. «Gli spiragli per la nostra stabilizzazione promessi dal governo che ha preceduto quello attuale - avverte Anna Crispo, 46 anni, statistica e ricercatrice di alta fascia preso il polo oncologico campano - sono rimasti sbarrati. Al momento la nostra stabilizzazione non è prevista nella legge di Bilancio approvata dal nuovo esecutivo. Molti di noi ci facevano affidamento. Anche noi abbiamo lavorato sodo e ci siamo impegnati durante le fasi critiche del Covid in vari settori per aiutare i nostri dirigenti. Adesso vediamo i nostri colleghi degli ospedali passare al tempo pieno mentre per noi la legge non prevede alcun percorso. Nel 2019, quando ho firmato il mio primo contratto a tempo determinato per 5 anni rinnovabili, dopo quasi venti di contratti a progetto e di collaborazione, eravamo in 220. Molti hanno lasciato per partecipare a concorsi o dedicarsi ad altro vista l'esperienza fatta anche nel campo assistenziale. Nel nostro gruppo ci sono fior fior di scienziati. Non sappiamo quale possa essere lo sbocco definitivo per le nostre figure. Attualmente il mio profilo è equiparato a quello del comparto (infermieri e tecnici) e il mio stipendio è sotto i 2mila euro mensili ma solo perché la Regione, nel 2019, si è accollata una parte degli emolumenti visto che dipendiamo dal Ministero». 

Profili ibridi quelli dei ricercatori degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) come il Pascale.

Il Polo oncologico partenopeo assorbe il più alto numero di ricercatori precari in Italia, oltre 160 appunto. All'istituto tumori di Milano solo 90 ma su scala nazionale si tratta di un esercito di 1290 teste. 

Negli ultimi due anni il 25 per cento è andato via. L'età media dei precari della ricerca nella sanità pubblica italiana (Irccs e istituti zooprofilattici) è di 42 anni, un range che oscilla dai 30 ai 63 anni, l'80 per cento sono donne. Quasi tre generazioni attendono da anni soluzioni definitive. «Come Arsi, (Associazione ricercatori in Sanità) alcuni nostri colleghi la prossima settimana avranno un incontro con il Ministro della Salute a Roma nel contesto del Pnrr e per discutere la riforma degli Irccs. Ci auguriamo che la nostra condizione di instabilità lavorativa sia valutata. Il nuovo ministro Orazio Schillaci è un universitario». 

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A loro favore i camici bianchi hanno un Ordine del giorno approvato alla Camera lo scorso 25 maggio firmato da tutte le parti politiche. «Quella che è chiamata la Piramide della Ricerca istituita per legge nel 2015 conclude la ricercatrice - ha sortito l'effetto contrario delle intenzioni e regolarizzato, anziché arginare, l'abuso dei contratti a termine, gettando le basi per una sorta di precariato a vita portando alla fuga dai laboratori di scienziati esperti e titolati senza attirare alcun ricercatore dall'estero». Nella giungla contrattuale della ricerca sanitaria pubblica degli ultimi 30 anni, si trovano ancora co.co.co di lungo corso, borse di studio e partite iva che sebbene tramutati in contratti a tempo determinato non diventano mai lavoro stabile e anzi si sommano, facendo esplodere, la reiterazione di migliaia di contratti a termine. Oggi il 100% del personale della ricerca sanitaria pubblica è ancora precario con anzianità di servizio che vanno da un minimo di 5 ad un massimo di 33 anni (media nazionale pari a circa 12 anni). L'ultima occasione è il Decreto sul riordino degli Irccs approvato dal Governo in via preliminare. Prevede due principi cardine: le piante organiche degli Irccs devono avere almeno il 35% di personale dedicato alla ricerca (ricercatori sanitari e collaboratori di supporto ), e la definizione del numero di posti destinati alle attività di ricerca con inquadramento a tempo indeterminato. L'alternativa è puntare tutto sull'uso dei fondi per il finanziamento strutturale del personale della ricerca sanitaria previsto dalla legge 205 del 2017 (90 milioni all'anno a partire dal 2021). Torta che sarebbe più che sufficiente per coprire il costo stimato dei precari in forze agli Istituti. L'obiettivo è mettere in sicurezza e tutelare un'eccellenza sanitaria Italiana. 

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