Si autodefiniscono “marea transfemminista” e vogliono proprio suggerire l'idea di un'onda. Ieri, nel giorno in cui si festeggia la donna, in polemica con una data “di cui si è distorto il senso”, hanno manifestato per le strade del centro storico di Napoli; è stato tecnicamente uno sciopero: «Ci fermiamo un giorno per imparare insieme a fermarci e a scioperare contro la violenza tutti i giorni dell’anno». Dalle 16 i partecipanti si sono riuniti a piazza del Gesù sotto la sigla “Non una di meno”, tra gli slogan «Scioperiamo dai ruoli imposti, se ci fermiamo noi si ferma il mondo».
Molti hanno sottolineato che l’8 marzo non può essere una festa, «ma una protesta contro i soprusi e le violenze che subiamo ogni giorno, contro i femminicidi, contro l'imposizione della famiglia tradizionale, contro i salari più bassi rispetto a quelli degli uomini».
Oltre tremila i partecipanti, traffico paralizzato a lungo, in un periodo in cui la zona è già congestionata dai lavori di ristrutturazione. Ma il recupero degli spazi pubblici di confronto è tra le loro istanze: «Ci riprendiamo le strade, le piazze, il tempo, i desideri», dice una manifestante. E i motivi per cui protestano non si fermano al genere: «Siamo contro la violenza maschile sulle donne, di genere e dei generi, contro la repressione, contro il razzismo».
Tra i bersagli dello sciopero c’è il governo Meloni e le minacce che secondo il corteo transfemminista potrebbero arrivare a decenni di conquiste sul tema della parità di genere. Si è parlato di famiglia, aborto, affidamento condiviso: «Tutto quello che abbiamo ottenuto ce lo siamo conquistato con le lotte. Continuiamo a dire che la violenza è ancora strutturale, economica, sociale. È anche in casa, nelle famiglie».
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout