«Non c'è allarme», «No, basta alibi». Baby gang: nuovo scontro sindaco-governatore

«Non c'è allarme», «No, basta alibi». Baby gang: nuovo scontro sindaco-governatore
di Pietro Treccagnoli
Sabato 20 Gennaio 2018, 08:32
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Che l'ondata di violenza minorile di queste settimane finisse in polemica politica era inevitabile. Le parole forti usate dal ministro Marco Minniti non sono andate giù a tanti, in particolare al sindaco Luigi de Magistris, molto attento all'immagine della città e all'uso delle parole che vengono usate per descrivere il fenomeno delle babygang. «Trovo molto grave che si parli di emergenza» ha commentato ieri a margine di un incontro pubblico «ma soprattutto che si declini come emergenza Napoli. Se andiamo a vedere le statistiche in altre città si sono verificati episodi per mano di babygang e anche fatti di inaudita violenza come dare fuoco a clochard o stupri e non mi sembra che si sia parlato di emergenza». È quanto ripetono in coro i tanti che puntano a ridimensionare l'esplosione gratuita di aggressioni del branco. DeMa stesso ha dovuto, però, ammettere che ci sono elementi nuovi, rispetto al passato, ma, secondo lui, il clamore mediatico potrebbe portare «al rischio emulazione». «Bisogna fare attenzione» ha insistito «a non dare potenza al fenomeno di cui bisogna investigare le cause, ma senza darne un'amplificazione eccessiva». E ha messo in guardia contro un uso strumentale delle babygang, come è già stato fatto con l'immigrazione, facendone un «tema da campagna elettorale».

Il messaggio non è nuovo. Solo che stavolta de Magistris è stato netto, subodorando il rischio di essere messo nel fascio dei possibili capri espiatori. La minimizzazione non è stata gradita dal presidente della Regione, Vincenzo De Luca, uno che non le manda a dire. Così, nel primo pomeriggio di ieri ha replicato senza peli sulla lingua dal pulpito settimanale di Lira Tv. «Le babygang sono anche a Roma e in altre città e sarebbe sbagliato non dirlo» ha ammesso ma solo per sferrare un montante. «Ma ancora più sbagliato è avere atteggiamenti auto consolatori o alibi perché a Napoli il problema è dieci volte più grave».
 
Dieci volte, non una. Iperbole o non iperbole, secondo De Luca, da tempo è ora di darsi una mossa seria: «Dobbiamo fare delle scelte, a cominciare dal contrasto su tutti i piani dei comportamenti al limite dell'illegalità, del caos, dell'intimidazione». Deve essere incrementato il clima di ordine e di responsabilità «mettendo ai margini quegli spezzoni di società napoletana che pensano di andare avanti con ammuina e prepotenze». La ricetta è la solita, ripetuta cento volte, ma è un mantra che fatica a dare risultati. Bisogna cominciare «dall'emergenza educativa», partendo dalle famiglie e proseguendo nelle scuole. Qui, si accanisce il governatore «ci sono ragazzi che minacciano gli insegnanti, tirano loro le borse in faccia o danneggiano le loro auto. E i genitori che di fronte ai figli che aggrediscono i docenti vanno a difendere i figli. Si passa poi alla microdelinquenza sui mezzi di trasporto, dove vengono aggrediti pensionati o magari una donna di colore».
Il ruolo delle famiglie ha animato pure l'incontro che si è tenuto al liceo Cuoco, a piazza Miracoli, dove studia Arturo, il diciassettenne accoltellato prima di Natale. «La violenza di cui è stato vittima è figlia di un vuoto pneumatico che c'è in alcuni contesti, case e famiglie» ha commentato Vittorio, il padre del ferito tornato tra i banchi nei giorni passati. «Posti in cui non c'è alcun rispetto delle regole, nemmeno regole, genitori che non seguono i propri figli. Non c'è l'assoluta volontà di seguirli e vengono lasciati allo sbando, allo sbaraglio. Così quei ragazzi diventano padroni di un vuoto che hanno nelle loro teste».
Gli ha fatto ecoGiuseppe Cimmarotta, sostituto procuratore della Dda di Napoli, presidente della giunta distrettuale dell'Anm: «Credo che i ragazzi siano spaventati ed è giusto che lo siano. Il nostro contributo deve essere anche quello di superare la fase della paura e far capire loro che con la paura non si riesce a sconfiggere nulla». Il fenomeno della violenza giovanile, delle babygang «è più ampio e complesso, non si tratta solo di criminalità organizzata». L'ipotesi che gli aggressori abbiano accoltellato Arturo come rito di iniziazione alla malavita «potrebbe anche essere una ipotesi».
Pure il capitolo proposte per una soluzione mette, sulla carta, tutti d'accordo. E De Luca non ha esitato a stilare un elenco di quanto ha finora prodotto Palazzo Santa Lucia: «La Regione finanzia il programma Scuola Viva con 550 istituti, e la formazione secondaria con 7 milioni di euro, le scuole di comunità. Ma lavora anche sull'ordine pubblico, programma collocazione telecamere videosorveglianza». Il sindaco, dal canto suo, ha rivendicato il lavoro sul territorio di Palazzo san Giacomo, compresa la videosorveglianza: «Senza lo sforzo istituzionale di grande cooperazione messo in campo in questi mesi per implementare la videosorveglianza forse questi episodi non avrebbero visto l'individuazione dei responsabili».
Ovviamente De Luca, in questo duello a distanza, è andato oltre sul fronte delle proposte: «C'è poi la repressione: bisogna adeguare l'età per la punibilità. Un ragazzo capisce benissimo cosa si deve fare o no». Senza risparmiare una stoccata al gomorrismo, chiamato ripetutamente in causa: «Mi auguro che trasmissioni televisive sciagurate che determinano fenomeni imitativi vengano ricondotte nella dimensione della responsabilità e verità. Proporre vite a senso unico è un delitto per i giovani, nessuna trasmissione può essere proposta se non dice all'inizio e alla fine che l'unico destino per chi imbocca la strada della violenza organizzata è il carcere o la morte». Tema che si sta logorando, ma viene sempre buono quando si tratta di alzare l'asticella dello scontro dialettico che, rassegniamoci, salirà ancora di più fino al 4 marzo.
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