L'arresto quattro anni fa: truffa e tentata corruzione

L'arresto quattro anni fa: truffa e tentata corruzione
Giovedì 22 Febbraio 2018, 08:45
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Nuovi dettagli si aggiungono alla vicenda dei tre napoletani scomparsi in Messico. Ieri mattina, durante una conferenza stampa, il procuratore generale della regione di Jalisco, Raúl Sánchez Jiménez, ha fornito un altro tassello che riguarda il passato di Raffaele Russo, il 60enne del quale per primo si sono perdute le tracce il 31 gennaio.
Secondo il procuratore Jiménez, Raffaele Russo ha già avuto gravi problemi con la giustizia messicana. La storia risale a quattro anni fa e si è svolta in una regione diversa da quella di Tecalitlan dove attualmente sono in corso le ricerche. L’uomo, assieme ad altri tre napoletani, Giuseppe Ruggiero, Francesco Gallifuoco, e Mario de Vita, si trovava nello stato di Campeche, al confine col Guatemala. I quattro erano sul territorio, anche in quel caso, per vendere macchinari «porta a porta».
Almeno tre delle persone che avevano acquistato i macchinari sostennero di aver scoperto in seguito di aver ricevuto materiale cinese molto scadente, spacciato per roba di marca e presentarono denuncia nei confronti dei venditori ambulanti stranieri. Fu semplice verificare che il marchio «Caterpillar» sugli oggetti era stato contraffatto, così vennero avviate le ricerche nei confronti del gruppo di ambulanti italiani. 
Il primo a finire in arresto fu Giuseppe Ruggiero, intercettato in auto nel centro di Ciudad del Carmen e subito bloccato dalla polizia. Gli altri tre napoletani nel frattempo si erano allontanati ma vennero identificati a un posto di blocco mentre viaggiavano a bordo di tre auto differenti, due Chevrolet e una Jeep, al chilometro 18 della strada statale Campeche-Ciudad del Carmen. I tre uomini, così come aveva già tentato di fare il primo degli arrestati, cercarono di corrompere gli agenti offrendo loro diecimila pesos (poco più di quattrocento euro) in cambio della libertà.
La vicenda è stata riportata a galla nel tentativo di chiarire il profilo dello scomparso e ha indotto il procuratore generale Jiménez ad inserire fra le possibili cause della scomparsa anche la possibilità di aver venduto un prodotto contraffatto «alle persone sbagliate» che si sarebbero vendicate dopo aver scoperto la truffa.
Di recente il nome di Raffaele Russo è tornato a galla anche in Italia nel corso di una indagine chiamata «operazione sciacallo», condotta dai carabinieri del comando provinciale di Frosinone agli ordini del colonnello Fabio Cagnazzo e dalla squadra Mobile della questura frusinate, diretta da Carlo Bianchi. Quell’operazione ha consentito di sgominare una banda di 13 persone, tutti napoletani, che raggiravano le persone anziane con la truffa «del nipote»: gli anziani venivano raggiunti da telefonate di finti avvocati o finti tutori dell’ordine i quali spiegavano che un loro nipote aveva causato un grave incidente stradale e, per evitargli l’arresto, era necessario pagare una sostanziosa cauzione.
Spesso le vittime della truffa cadevano nell’inganno e decidevano di pagare, a quel punto entravano in azione altri membri della gang che si presentavano alla porta per ritirare il denaro. Al momento del blitz di carabinieri e polizia, Raffaele Russo non venne rintracciato perché già si trovava all’estero.
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