L'avvocato Antonio Metafora ucciso dalla camorra: giallo sul complice del boss

L'avvocato Antonio Metafora ucciso dalla camorra: giallo sul complice del boss
di Leandro Del Gaudio
Sabato 26 Febbraio 2022, 23:00 - Ultimo agg. 28 Febbraio, 07:12
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Non si saprà mai se diceva il vero, quando - sniffando cocaina all’interno di una Mercedes - si vantava di aver preso parte all’omicidio dell’avvocato Antonio Metafora. Non si saprà mai se quelle intercettazioni ricavate da una indagine aperta per fatti di droga potevano condurre ad inchiodare i complici di un delitto che ha turbato l’opinione pubblica cittadina: quella di uno stimato e autorevole professionista napoletano - faceva l’avvocato civilista - colpito a morte nel suo studio al Rettifilo, per aver portato a termine con successo il proprio mandato, nel corso di un procedimento di sfratto in un garage di Secondigliano.

Ricordate la storia? Siamo nel 2008, quando Metafora - settanta anni, fisico atletico e competenza da vendere - porta avanti il proprio incarico, a tutela degli interessi del cliente: e lo fa a testa alta contro le intimidazioni del clan Licciardi, interessato a mantenere il possesso del garage al centro della procedura di sgombero. Una vicenda culminata nella condanna all’ergastolo dell’unico imputato, parliamo di Salvatore Altieri, genero di Pietro Licciardi (di cui ha sposato la figlia Regina), ma che è stata recentemente riaperta nel corso di un’istanza di revisione articolata dallo stesso legale dell’imputato.

Una richiesta che i giudici della Corte di appello di Roma hanno rigettato, dopo aver attentamente valutato gli elementi di novità che corredavano l’inchiesta. Ed è così che si scopre che ci sono intercettazioni del 2017 a carico di un narcos che si autoaccusa di aver preso parte all’agguato nello studio al Rettifilo; ma anche che agli atti di un’informativa di polizia giudiziaria finiscono le accuse di due collaboratori di giustizia. 

Si tratta di una serie di riscontri ritenuti dai giudici romani privi di ufficialità, per un motivo che a Roma spiegano in questo modo: non è chiaro da dove sia stata ricavata l’informativa di pg e da chi fosse stata firmata. Un motivo che rende quegli atti non utilizzabili per la revisione. Ma conviene seguire il ragionamento della Corte, alla luce di intercettazioni e verbali di pentiti, a partire da una premessa: il complice dell’assassino di Metafora (presente nello studio in quel drammatico 5 dicembre del 2008) non è stato mai riconosciuto ed è rimasto impunito. È al momento un assassino senza nome, uno dei tanti che si aggirano per Napoli. Ma restiamo alle carte allegate all’istanza del difensore di Altieri che, con correttezza, si è limitato a chiedere la verifica di verbali e intercettazioni inediti. Siamo a settembre del 2017, quando Umberto Schettino (intercettato per fatti di droga) si confida a un amico di nome Peppe, nel chiuso di una Mercedes classe A. Parla di un omicidio da lui commesso, tira in ballo il fratello Giacomo Schettino (che avrebbe svolto funzioni di palo), poi si lascia andare dopo l’ultima sniffata di cocaina: e spiega di aver partecipato all’omicidio dell’avvocato Antonio Metafora, in presenza del figlio della vittima (protagonista di una coraggiosa testimonianza in Assise, ndr). Doveroso a questo punto un chiarimento: nessuna delle persone citate nel corso della informativa indicata in sede di revisione processuale può essere additata come colpevole, di fronte al sacrosanto principio di innocenza fino a prova contraria. Intanto, però, a scorrere l’informativa, spuntano altre voci. Tra queste quella del pentito Isidoro Di Gioia, ex scissionista del clan Falanga, che avrebbe battuto su questo punto in particolare: Umberto Schettino avrebbe partecipato ad un omicidio di un avvocato, oltre a trafficare armi e droga. Di Gioia ha ricordato la confessione che gli sarebbe stata rivelata da Schettino: «Mi disse che stava con il genero di Licciardi, che era andato nello studio di un avvocato, che stavano a litigare, mentre questo (riferito al genero dei Licciardi) ha sfilato la pistola e poi bum bum, per poi scappare...». 

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E non è finita. Ce n’è anche per un altro collaboratore, in passato invischiato con i clan di Secondigliano. Si chiama Ciro De Magistris, ex del clan Contini, che - sempre a leggere la stessa informativa - punta l’indice contro Umberto Schettino: «Mi disse di aver partecipato all’omicidio di un avvocato, di aver acquistato da lui armi e droga». Strana storia, rispetto alla quale la Corte decide di rigettare la richiesta di revisione, come per altro richiesto dal consiglio dell’ordine degli avvocati guidato dal presidente Antonio Tafuri, rappresentato dal penalista Giuseppe De Angelis. Spiegano i giudici: sono documenti privi di ufficialità (a partire dall’intestazione dell’organo investigativo che lo ha redatto), e di autenticità, quindi la revisione è inaccettabile. Chiuso il caso Metafora, resta il giallo del complice di Altieri rimasto senza volto: un assassino a piede libero. 

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