Murales fuorilegge, la denuncia di padre Antonio: «Mille permessi per un disegno, solo la camorra li fa dove e come vuole»

Murales fuorilegge, la denuncia di padre Antonio: «Mille permessi per un disegno, solo la camorra li fa dove e come vuole»
di Maria Chiara Aulisio
Martedì 16 Marzo 2021, 11:00 - Ultimo agg. 13:08
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Un murale, padre Antonio Vitiello, con i ragazzi del Centro, lo ha realizzato circa un paio di anni fa. Due giovani che si abbracciano, disegnati nei toni dell'azzurro sull'ascensore del rione Sanità che collega il cuore del quartiere al ponte che unisce corso Amedeo di Savoia e via Santa Teresa degli Scalzi. Un abbraccio, dunque, che vuol dire amore, conforto e sostegno. Quello che questo sacerdote - in assoluto silenzio e sempre lontano dai riflettori - offre a ogni ospite che accoglie. Un piccolo miracolo di solidarietà, una straordinaria missione, la sua, già racchiusa nel nome che porta: La Tenda. Perché - spiega don Antonio, schivo e instancabile - è solo un domicilio di passaggio: due settimane e poi via, il letto serve, avanti un altro. È così, grazie anche a questa alternanza, che dal 1981 padre Vitiello offre ogni notte un tetto - e colazione, pranzo e cena - a più di cento persone. Una realtà straordinaria, l'unica che in città garantisce ai senza dimora un'assistenza completa: dalla lavanderia al cambio degli abiti, dall'ambulatorio alla farmacia.

Qualcuno ha definito la sua Tenda l'oasi dei diseredati.
«Qui si va incontro agli ultimi: è l'unica definizione che riconosco».

Gli ultimi. Quelli a cui è dedicato il murale sull'ascensore della Sanità?
«Certo, anche a loro: il nostro abbraccio è per tutti.

Lo disegnarono i ragazzi. Fu un lavoro duro ma assai appassionante. Ci misero l'anima, fu un dono per il rione».

Un disegno non solo ben fatto ma dal grande valore simbolico.
«Tienem ca te teng, per noi l'abbraccio vuol dire questo. È il simbolo dell'accoglienza, della fratellanza. Valori imprescindibili qui alla Tenda».

Uno dei pochi murales legali. A dispetto di una quantità di disegni e altarini abusivi che inneggiano alla criminalità. Ritiene che sia giusto cancellarli o no?
«La mia riflessione è un'altra. Quando abbiamo realizzato il nostro murale con i ragazzi dell'educativa territoriale, ovviamente autorizzati dal Comune, abbiamo dovuto superare una quantità di ostacoli. Pure la sovrintendenza si occupò di noi. Ma è giusto così, ci mancherebbe».

La camorra invece non perde tempo: nessun permesso e murales ovunque.
«È una vecchia storia. In ogni caso ho altro di cui occuparmi. Il Covid ha acuito povertà e disperazione: la Sanità è un quartiere allo stremo. Fino a qualche tempo fa su oltre cento ospiti che accoglievamo, i napoletani erano non più di una decina, oggi rappresentano oltre il cinquanta per cento».

Chi sono gli ultimi che lei accoglie ormai da anni?
«Fino al 2005 soprattutto tossicodipendenti, all'inizio degli anni 80 era un flagello. Poi il fenomeno venne affrontato con leggi e comunità, e l'emergenza più grave diventò quella dei poveri di strada, pensammo di colmare il vuoto. Oggi sono soprattutto loro, quelli che non hanno più nulla, ad alloggiare alla Tenda». 

Quali sono le regole da rispettare per trovare accoglienza nel centro della Sanità?
«A noi serve solo ascoltare una frase: ho bisogno».

Basta così?
«Basta così. Non vogliamo sapere nient'altro purché non si usi la violenza. Ormai lo sanno bene. Possiamo transigere su tutto ma non su questo».

Non sarà facile mantenere l'ordine nel dormitorio.
«Certamente no, ma oggi va meglio di prima. Nella mia stanza ho messo insieme un piccolo arsenale: coltelli, coltellacci, forbici, temperini, perfino un machete. Sequestro di tutto. Ca' ata fa' cu chesta roba? Qua non vi serve niente e così mi faccio consegnare tutto quello che nascondono nelle tasche».

Riesce a convincerli, quindi?
«Per forza. Le poche condizioni che detto vanno rispettate. In alcuni casi sono gli stessi ospiti a segnalarmi qualche soggetto che vuole fare di testa sua. L'atmosfera oggi è un po' diversa, per fortuna. Prima ogni sera arrivava la polizia o il 118».

Oggi non più?
«Ripeto: molto meno anche perché se sbagliano li mando via. Paradossalmente sono più litigiose le donne degli uomini, ma sono poche e riusciamo a gestirle senza troppe difficoltà».

Quante persone ci sono in lista d'attesa per ricevere ospitalità?
«Circa cinquanta. E il turno cambia ogni due settimane anche se conservo sempre qualche posto di emergenza per i più anziani, gli ammalati, quelli che se finiscono di nuovo in strada rischiano di morire. Padre Antonio, non mi mandare via. Ti prego, tienimi là dentro anche solo per altri due giorni. Ma come faccio a dirgli di no?». 

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