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Lavinia Trematerra schiacciata da una statua, il papà accusa: «Ambulanza a rilento e intanto la mia piccola moriva»

di Maria Chiara Aulisio
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 31 Agosto 2022, 23:32 - Ultimo agg. : 1 Settembre, 17:04
5 Minuti di Lettura

Quando è previsto il rientro a Napoli della piccola Lavinia?
«Venerdì pomeriggio. Abbiamo chiuso la parte burocratica e domani (oggi, ndr) un carro funebre partirà dalla città di Bolzano per andare a prenderla a Monaco di Baviera. Sabato a mezzogiorno ci saranno anche i funerali».

Dove?
«Nella chiesa dei Pallottini, a piazza Europa, a due passi dal centro scolastico Belforte che mia figlia frequentava».

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Avvocato Trematerra, c’era lei con la bambina quando quella statua maledetta le è finita addosso.
«Sì, c’ero io. E non sono riuscito a salvarla. L’ho vista schiacciata sotto quel blocco di marmo: ho fatto di tutto per cercare di liberarla ma non ce l’ho fatta».

Colpa del peso?
«Sembrava un macigno, credo pesasse almeno un centinaio di chili, forse anche di più. Una scultura alta quasi due metri, difficile sollevarla».

Era solo in quel momento?
«Poco lontano da me c’erano due signore, italiane anche loro, ospiti dell’albergo. Hanno visto che cosa stava accadendo e si sono precipitate a darmi una mano: alla fine ce l’abbiamo fatta, Lavinia l’abbiamo liberata, ma ci sono volute tre persone».

Una sciagura che si sarebbe potuta evitare se solo quella scultura fosse stata ben ancorata alla base.
«E dire che non c’era neanche un cartello per avvertire di non avvicinarsi troppo indicando una situazione di pericolo. La statua era lì, senza alcuna protezione, nel bel mezzo di un giardino frequentato da tutti gli ospiti dell’hotel».

Una superficialità inaccettabile che si è rivelata fatale per la piccola Lavinia.
«Posso dire solo che lo sguardo di mia figlia, che mi chiedeva aiuto, non lo dimenticherò mai più. L’ho tenuta in braccio, impotente, fino all’arrivo dell’ambulanza».

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Il soccorso è stato tempestivo?
«Sono arrivati nel giro di una decina di minuti. Sì, hanno fatto presto: il tempo però l’hanno perso dopo».

Dopo quando?
«Parliamo della Germania come un paese perfetto, dove tutto funziona al meglio e la sanità, in particolar modo, rappresenta un vero e proprio modello. Invece è un paese assai imperfetto. E mi spiego meglio: è vero che l’ambulanza è arrivata in una manciata di minuti, ma poi - con Lavinia a bordo - è rimasta ferma almeno mezz’ora davanti all’albergo prima, finalmente, di partire». 

Per quale ragione ha atteso tutto questo tempo?
«Mi hanno spiegato che aspettavano indicazioni su dove portarla, quale fosse un pronto soccorso disponibile e ci sono voluti trenta minuti prima che la centrale operativa di Monaco di Baviera desse indicazioni sul da farsi. Da noi funziona che se chiami il 118, il paziente in codice rosso viene trasportato nell’ospedale più vicino senza perdere neanche un minuto».

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Mezz’ora è un tempo lunghissimo. Pensa che se la bambina fosse stata soccorsa con maggiore tempestività le cose sarebbero andate diversamente?
«Questo non lo so, è difficile dirlo. Quello che invece so è che il primo arresto cardiaco mia figlia lo ha avuto in ambulanza. In ogni caso sono tutte risposte che avremo, spero, al termine delle indagini».

Che cosa è emerso fino a oggi?
«L’autopsia è stata fatta così come si era stabilito. Abbiamo appena saputo dal nostro avvocato che il pubblico ministero tedesco ha avviato una perizia per verificare la stabilità della statua e le ragioni per cui è finita addosso a una bambina di sette anni uccidendola».

Un passaggio fondamentale.
«È stato nominato un perito che dovrà occuparsi solo di questo aspetto. I tempi mi hanno già anticipato che saranno lunghi, prima di tre o quattro mesi credo che non sapremo nulla e nè avremo i referti». 

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Un dato è incontrovertibile: quella statua era in bilico altrimenti non sarebbe caduta.
«Ma certo. Dalle fotografie che abbiamo scattato si vede con molta chiarezza: non c’era nessun ancoraggio al terreno, era semplicemente appoggiata».

Una condizione di assoluta instabilità.
«Non solo. Il prato intorno al piedistallo era impregnato di acqua piovana in seguito ai forti temporali che si sono susseguiti per giorni. Una circostanza che potrebbe aver messo ulteriormente a rischio la resistenza della statua».

L’albergo - tra l’altro un quattro stelle nella zona più centrale di Monaco di Baviera - che spiegazione vi ha dato? Come hanno potuto commettere una simile leggerezza?
«Su questo poi sono stati davvero incredibili. Non una parola di conforto, ma neanche di circostanza. Non un manager dell’hotel che sia venuto a chiederci se avevamo bisogno di qualcosa, se potevano esserci di aiuto in questa tragedia senza fine che si era consumata nel loro albergo. Non si è visto nessuno».

Chi invece vi ha offerto aiuto?
«Abbiamo avuto grande sostegno dal console italiano a Monaco di Baviera, Enrico De Agostini. Senza di lui sarebbe stato tutto più complicato. Il console ci ha supportato dal primo momento sia dal punto di vista burocratico che emotivo».

Che cosa stava facendo la piccola Lavinia in quel giardino?
«Niente di particolare. Giocava con un’amichetta che era in viaggio con noi insieme ai suoi genitori. Il giorno prima su quel prato avevano visto uno scoiattolino e speravano di vederlo di nuovo. Tutto qui».

Lei invece dov’era?
«Ma lì, ero lì, a pochi metri da lei. L’ho sentita gridare, urla soffocate, l’ho raggiunta in un attimo ma è stato tutto inutile. Per la mia bambina non c’era più niente da fare». 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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