«Lavori fatti male a via Marina?
Basta che ci arrivano i soldi»

«Lavori fatti male a via Marina? Basta che ci arrivano i soldi»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 14 Marzo 2019, 23:02 - Ultimo agg. 15 Marzo, 14:25
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La scena è questa: marito e moglie imbottigliati nel traffico, all’altezza della rotonda di via Marina, parlano del cantiere che ha fatto dannare migliaia di napoletani (e che è ancora lì a farci dannare) e ne criticano l’esecuzione. Dice lui a lei: «Un servizio fatto male»; e lei, di rimando: «Che te ne importa, basta che ti danno i soldi». Una conversazione che non riguarda persone comuni, ma che coinvolge l’imprenditore Pasquale Ferrara, uno dei manager vincitori dell’appalto per la riqualificazione della porta di accesso al capoluogo napoletano.

 

Siamo ad ottobre del 2016, nel pieno del restyling di via Marina, quando l’imprenditore si trova lì nell’imbuto, tra via Vespucci e via Volta, angolo via Lucci e si limita a commentare la realizzazione dell’opera. È assieme alla moglie (la donna è estranea alle indagini) e guarda con un certo disincanto il lavoro fatto da soci o subappaltatori, gli stessi che poi finiranno al centro di un’inchiesta per false fatturazioni. E torniamo a quello scambio di battute in macchina: 
Donna: eh, già levato mezzo cantiere da qua in mezzo, mi sembra sistemato eh?
Uomo: quello deve venire la rotonda qua in mezzo, per far scendere le macchine.
Donna: eh, ma con la rotonda scende il traffico.
Uomo: ha fatto questo servizio proprio male
Donna: che te ne importa, ti danno il resto dei soldi? Questo è necessario.
Parole prive di rilevanza penale, bene chiarirlo, anche se è grazie alla cimice presente all’interno dell’auto, che prende quota un’inchiesta culminata in questi giorni a uno snodo decisivo. 
In sintesi, il Tribunale del Riesame (presieduto dal giudice Paola Russo), ha revocato gli arresti domiciliari per Pasquale e Mariano Ferrara, Umberto e Vincenzo Ianniello, Vincenzo Boccanfuso, disponendo per loro la più blanda misura interdittiva per sei mesi: difesi dai penalisti Francesco Cedrangolo, Alfredo Sorge e Luigi Tuccillo, gli imprenditori si sono difesi dinanzi al Riesame, negando di aver consumato una truffa ai danni dello stato, dal momento che - a loro giudizio - i lavori di via Marina sono stati saldati i primi anni, attraverso il sistema delle sal (stato di avanzamento dei lavori), sotto l’osservazione dei dirigenti degli uffici tecnici del Comune di Napoli. 

I FILONI
Altra storia invece la questione delle cinque false fatture, rinvenute in questi mesi dal nucleo di polizia tributaria della Finanza (agli ordini del colonnello Domenico Napolitano), per le quali sono scattate accuse di reati fiscali. Ed è sempre il Tribunale del Riesame ad aver annullato in toto gli arresti domiciliari per Achille Prospero (difeso dall’avvocato Valter Rivieccio), che torna a piede libero, in una vicenda che ora attende possibili ricorsi per Cassazione. Un’inchiesta, più filoni. A guidare le indagini a carico degli imprenditori accusati di truffa e di reati fiscali sono i pm Brunetti e Cozza, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, gli indagati avrebbero gonfiato i costi di alcune forniture, fabbricando false fatture, nel tentativo di creare riserve di denaro in nero. Non viene contestata l’accusa di corruzione, ma l’ipotesi tangenti resta sullo sfondo, anche alla luce di un’altra indagine condotta in questi anni dalla Procura di Napoli sugli appalti di via Marina. È il filone che ipotizza l’accusa di corruzione (al lavoro i pm Sico e Frongillo) e che vede coinvolti anche alcuni dirigenti del Comune di Napoli. Una vicenda nata anni fa, nel corso delle indagini del pm anticamorra Henry John Woodcock, che puntò i riflettori su alcuni appalti all’interno del porto di Napoli. Vennero intercettati alcuni imprenditori che hanno poi realizzato alcune tranche di lavori in via Marina, in una procedura finita poi al centro di un lungo contenzioso nei rapporti con il Comune di Napoli. Approcci diversi che puntano a fare chiarezza su un punto in particolare: cosa è accaduto all’ombra di un appalto che avrebbe dovuto rilanciare la mobilità cittadina? Chi è responsabile di quello scenario di abbandono, sotto gli occhi di chiunque si ritrovi imbottigliato tra cantieri e transenne provvisorie?
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