«Io navigator, al telefono cerco il lavoro che non c'è»

«Io navigator, al telefono cerco il lavoro che non c'è»
di Daniela De Crescenzo
Lunedì 14 Settembre 2020, 09:14 - Ultimo agg. 12:02
3 Minuti di Lettura

Per quasi tre mesi A.I., navigator appena assunto e subito dopo bloccato in casa a causa del Covid, ha intervistato telefonicamente gli aspiranti lavoratori, attuali beneficiari del reddito di cittadinanza. Confrontarsi con le vite degli altri, assorbirne speranze e delusioni non è mai facile, soprattutto quando le seconde soverchiano le prime. E in tempo di pandemia, quando le possibilità di trovare un'occupazione sono divorate dalla crisi, è anche più difficile. Ma si tenta ugualmente. Partendo da una premessa: «Il nostro compito spiega A.I. non è quello di trovare lavoro a chi riceve l'assegno, Il nostro primo obiettivo è quello di accompagnarli anche alla formazione e di creare loro un percorso che li porti verso il lavoro». Tra maggio e luglio A.I. ha intervistato più di duecento persone che prima del lockdown avevano già sottoscritto il patto per il lavoro. «Ognuno di noi spiega - ha avuto dei nominativi tratti da un elenco che ci è stato consegnato. Innanzitutto, tramite il sistema informatico regionale, abbiamo mandato un sms alle persone da contattare fissando un appuntamento telefonico. Poi ci abbiamo parlato».

LEGGI ANCHE Reddito di cittadinanza scaduto per duecentomila a Napoli ma il lavoro non c’è

Duecento colloqui telefonici per fare cosa?
«Sottoscrivendo il patto per il lavoro molti avevano già indicato cosa erano orientati a fare. Io ho consultato tutti i curriculum ma non sempre c'erano esperienze lavorative precedenti. Tra quelli che hanno avuto il reddito ci sono anche casalinghe che a sessanta anni non hanno mai lavorato, ma si tratta di eccezioni. Nella maggioranza dei casi ho contattato gente con un diploma di scuola media e solo qualcuno con licenza elementare. Ho parlato anche con due laureati».

Il caso che più la ha colpita?
«Quello di un ingegnere di più di sessanta anni che era stato licenziato e non riusciva a trovare una nuova occupazione: si è detto pronto a fare di tutto pur di lavorare».

Ma spesso si è trattato di un lavoro di routine.
«Nell'intervista telefonica spiega A.I. abbiamo effettuato tutti un colloquio di orientamento al lavoro, In primis, io e i miei colleghi, abbiamo chiesto a tutti innanzitutto la qualifica o il livello culturale per verificare che i dati inseriti fossero corretti e poi lo abbiamo fatti parlare delle esperienze precedenti e verificato la possibilità di aggiungere una qualifica professionale. Ho proposto dei corsi che in molti casi sono gratuiti per chi usufruisce del reddito. Poi ho verificato in quale area gli intervistati volessero lavorare nel caso in cui gli enti locali avessero fatto partire progetti utilità collettiva».

Non è vero che chi intasca il reddito aspira solo al sussidio?
«Ci hanno detto quasi tutti di voler lavorare, pochissimi hanno detto di essere ammalati. E d'altronde il patto è stato sottoscritto anche da invalidi che avrebbero potuto rinunciare all'occupazione senza perdere il reddito. Solo qualcuno ci ha ripensato. Finalmente mi troverete un lavoro, ci detto in tanti».

Speranza per ora vana. E allora al navigator che resta da fare?
«Abbiamo aiutato molti a inserire il curriculum sui siti Anpal e Click lavoro. Per tanti l'informatica è ancora un problema».

Esauriti i colloqui che si fa?
«Adesso stiamo preparando i data base delle imprese di tutta Italia che poi saranno contattate. Stiamo lavorando sui dati dalle dichiarazioni obbligatorie presso il ministero del lavoro. Le aziende sono ordinate per ranking. La prima per numero di assunzioni è risultata Poste italiane».

Ma questo lavoro è servito a qualcosa?
«È presto per dirlo ma tanti ci hanno detto che senza il reddito nell'epoca Covid avrebbero fatto la fame».

© RIPRODUZIONE RISERVATA