Le mani dei D'Alessandro sulla movida
della penisola sorrentina: 2 condanne

Le mani dei D'Alessandro sulla movida della penisola sorrentina: 2 condanne
di Dario Sautto
Giovedì 27 Ottobre 2022, 08:48
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Il clan D'Alessandro stava imponendo l'assunzione dei buttafuori ai locali della movida in Penisola sorrentina: ora lo dice anche una sentenza. Ieri la condanna in primo grado per i due imputati accusati di alcuni episodi di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di imprenditori e ristoratori di Sorrento e dintorni. Condannato a 8 anni e 4 mesi di reclusione Nino Spagnuolo, 45 anni, alias «capastorta», ex reggente del clan ritenuto molto vicino al boss Vincenzo D'Alessandro, mentre dovrà scontare undici anni il suo braccio destro di Sorrento, il pluripregiudicato Massimo Terminiello, 42enne residente a Meta, che si sarebbe affiliato alla cosca stabiese mentre era detenuto in carcere per altri reati.

I due sostiene l'Antimafia avevano messo le mani sulla movida sorrentina, puntando sulla loro affiliazione al clan D'Alessandro, riuscendo ad imporre l'assunzione di almeno sei persone come buttafuori in alcuni locali attraverso una società amica, nonostante quei giovani stabiesi non avessero tutti i requisiti necessari per gestire la security in locali e discoteche.

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Il clan D'Alessandro avrebbe imposto le assunzioni di buttafuori ad almeno due discoteche e un bar, anche nell'estate 2020, dopo la prima emergenza Covid. «Un gruppo criminale che inquinava la vita notturna sorrentina» sostengono gli inquirenti.

A due anni dal loro arresto, si è chiuso il processo di primo grado per Spagnuolo e Terminiello, finiti in carcere nell'ambito del blitz condotto dalla polizia al termine di indagini coordinate dalla Dda di Napoli. A luglio il pm Giuseppe Cimmarotta aveva chiesto per i due imputati la condanna a dodici anni ciascuno di carcere per tutti i reati contestati. Non solo alcune estorsioni di camorra, ma per il solo Spagnuolo anche l'intestazione fittizia del locale «Plan B», discoteca che si trovava nella periferia di Castellammare, nel frattempo già confiscata, acquisita a patrimonio del Comune e destinata a diventare un centro sportivo: per questo episodio, però, i giudici del tribunale di Torre Annunziata hanno assolto il 45enne stabiese.

Elemento di spicco del clan e amante della movida, per un periodo ai vertici della cosca stabiese, Spagnuolo sui social pubblicava foto in cui ostentava la sua appartenenza al clan D'Alessandro. In alcune immagini postate nel 2012, festeggiava il compleanno con tanto di torta con due pistole e la scritta «c'e magnamm' e colombian'», chiaro riferimento al traffico di cocaina. Poco dopo, lo stesso Nino Spagnuolo fu gambizzato mentre era sul molo di Seiano, a Vico Equense, in compagnia di Terminiello. I sicari arrivarono a bordo di un gommone da Castellammare: il mandante, secondo l'ipotesi dell'Antimafia, fu Antonio Rossetti, alias «'o guappone», che gli subentrò come reggente del clan D'Alessandro e che è finito in carcere insieme a lui a giugno 2022 perché ritenuto a capo del traffico di droga. Tutt'altra storia quella di Terminiello. Nato e cresciuto in Penisola Sorrentina, secondo l'Antimafia avrebbe deciso di affiliarsi al clan D'Alessandro mentre era detenuto per reati minori. Nel frattempo, si era affiancato proprio a Spagnuolo, accrescendo la sua «fama» in zona, mentre il suo nome compare già nelle altre due inchieste della Dda sulle influenze del clan D'Alessandro in Penisola sorrentina. In particolare, avrebbe fatto da «zio» e da guida al 20enne Giuseppe Esposito, giovane chef condannato per un violento pestaggio di camorra a Piano di Sorrento ai danni di un deejay che aveva organizzato una serata senza il suo permesso.
 

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