Covid, a tavola con la carta d'identità. Gli chef napoletani: «Basta che si lavori»

Covid, a tavola con la carta d'identità. Gli chef napoletani: «Basta che si lavori»
di Mariagiovanna Capone
Domenica 2 Agosto 2020, 09:40 - Ultimo agg. 15:32
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Da ieri all'arrivo nei ristoranti della Campania, non c'è più il classico «prego, si accomodi» ma un più autorevole «prego, favorisca i documenti». Nessun poliziotto all'ingresso ma un modus operandi imposto dall'ultima ordinanza firmata dal presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Una decisione necessaria dopo i falsi dati consegnati da clienti in locali dove si è poi scoperto qualche caso di Covid-19.

PROBLEMI AL DEBUTTO
L'ultima ordinanza ha debuttato ieri mattina e con esso anche qualche problema come rivela Ciro Tutino di Bro Pizzeria nella popolare piazza Mercato. «Per me è una decisione giusta, che tutela noi e i clienti. Qualcuno però ha risposto «siamo venuti in pizzeria o in commissariato?». È stato difficile farne comprendere i motivi ma una volta spiegate le motivazioni,problema risolto. Tuttavia servirebbe maggiore collaborazione da parte della clientela continua Tutino alcuni minimizzano e non si presentano neanche in mascherina, per questo la regalo a chi ne è sprovvisto. Tutto questo per evitare un nuovo lockdown, che metterebbe in ginocchio tutti». È accaduto anche ad Antonino Della Notte, titolare di numerosi ristoranti tra cui Antonio&Antonio e presidente Aicast (Associazione Industria, Commercio, Artigianato, Servizi e Turismo) che ha dovuto spiegare i motivi della richiesta dei documenti anche a molti turisti: «Una coppia di Reggio Calabria non ne sapeva nulla, ma li ha consegnati, si è sentita tutelata come ci sentiamo tutelati noi dall'ordinanza. Questo ha poi aggiunto - è il momento della collaborazione, non dobbiamo dissipare i sacrifici fatti e mostrare maggiore pazienza, sia noi ristoratori che i clienti». Collaborazione richiamata anche dallo chef stellato Paolo Gramaglia, patron del President di Pompei. «Accetteremo qualsiasi richiesta per aiutare le istituzioni nell'allertare i clienti dopo eventuali contagi. Devo farlo per la mia famiglia, per collaboratori e clienti, che quando entrano nel mio locale devono sentirsi tutelati: la gente vuole stare bene ma anche sentirsi al sicuro. E per riuscirci serve collaborazione tra tutti noi». La stella Michelin è inoltre convinto che «i problemi della ristorazione sono altri, non la mascherina, la distanza o la carta d'identità. Queste sono misure giuste che ci aiutano ad arginare il virus, che c'è ancora mentre molte persone tra cui purtroppo tanti ristoratori - abbassano il livello di guardia».
 


SALUTE PRIMA DI BUSINESS
Gianluca Capuano di Cicciotto a Marechiaro ammette che «la salute viene prima del business. L'ordinanza l'accettiamo volentieri, siamo padri di famiglia e la sera quando torniamo a casa dobbiamo essere sicuri di non esserci contagiati. La scelta di De Luca è stata coraggiosa e la condivido, è stato spinto da qualche furbo che ha voluto giocare sulla pelle delle persone dando false generalità: ignobile». È convinto che sia un'ordinanza che aiuterà a tutelare tutti anche Andrea Macchia di Regina Margherita sebbene «non sia comodo chiedere un documento, e aspettare che lo esibiscano. Servirebbero app efficienti o anche un QrCode, così tutto sarebbe più veloce». Anche Ciro Salvo di 50Kalo è d'accordo. «L'importante è continuare a lavorare senza mettere in pericolo la salute di collaboratori e clienti. Mai come ora è fondamentale essere responsabili per evitare una seconda ondata: il settore food e ristorazione non può permettere un altro lockdown».

GLI SCETTICI
Gennaro Alfiero di BrosAndBun di San Giorgio a Cremano teme invece un calo di clienti. «Abbiamo aperto da poco e qui vengono soprattutto giovanissimi. Ho paura che questa ennesima misura possa allontanarli, da me come da qualunque altro locale». Identica opinione di Fabio Macchitelli di Salotto Martucci e Pizzeria Martucci. «I dati dei clienti eravamo già obbligati a registrarli, e per colpa di qualcuno ora dobbiamo chiedere anche i documenti per accertarci che siano reali. Però ho paura che queste ennesime misure stressino il cliente al punto da allontanarlo dalla ristorazione. Temperatura, mascherina, dati, documenti una persona quando esce vuole rilassarsi, tutte queste cose messe insieme temo lo faranno desistere». La pensa allo stesso modo Monica Neri di Mame Ostrechina: «Dalla pala del pizzaiolo siamo passati alla paletta del vigile» ironizza. «Questa ennesima richiesta sarà anche giusta ma non la condivido, prima di tutto come cliente - perché non mi invoglia a uscire - e poi da ristoratrice. Siamo passati dall'instaurare un rapporto di fiducia con i clienti, che accolgo come se fossero a casa mia, all'esserne i controllori, e lo trovo davvero spiacevole. Ho scelto di essere una ristoratrice, non una poliziotta».

 

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