Le tre Italie in classe: meno scuola a chi ne avrebbe più bisogno

Le tre Italie in classe: meno scuola a chi ne avrebbe più bisogno
di Daniela De Crescenzo
Mercoledì 15 Novembre 2017, 08:52 - Ultimo agg. 12:36
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Meno scuola a chi ne avrebbe più bisogno: è il paradosso del sistema formativo italiano descritto dall'Atlante di Save The Children e pubblicato da Treccani che dal 23 novembre sarà in tutte le librerie.

Nel rapporto si rilanciano i dati resi pubblici lunedì dal ministero dell'Istruzione nel focus sulla dispersione scolastica e li si incrocia con le cifre sul tempo pieno, sulle dotazioni informatiche, sulla refezione. Il risultato è chiaro: nelle scuole del Sud, in Sicilia, ma anche in Campania, il numero dei ragazzi che lasciano le aule prima del tempo è più alto rispetto al resto del Paese mentre è più fragile la rete che dovrebbe incoraggiarne l'inserimento e il recupero.
Lo dicono in maniera chiara i numeri che contraddicono slogan e belle parole.

Chi lascia prima del tempo.
La ricerca del Miur relativa agli anni scolastici 2015-16 e 2016-17, quantifica gli abbandoni (e i rientri) che si verificano nel passaggio tra le classi oltre a quelli che avvengono nel corso dell'anno, e dimostra che i dispersi si concentrano al Sud, sono in maggior numero maschi, figli di immigrati e spesso sono già stati bocciati.
Secondo i ricercatori del ministero in Italia nelle nostre scuole medie c'è un tasso potenziale di abbandono, per il periodo considerato, dello 0,8 per cento: sono 14.258 i bambini persi prima dei tredici anni. Ma la cifra è molto più alta nel Mezzogiorno e soprattutto in Sicilia (1,3 per cento), in Campania, Calabria e Lazio (1 per cento): il doppio delle Marche e dell'Emilia Romagna.

Quindi i desaparecidos sono in prevalenza maschi (0,9 per cento rispetto allo 0,7 per cento delle femmine), di origine straniera (3,3 per cento contro lo 0,6 per cento relativo agli alunni con cittadinanza italiana), sono già stati bocciati una o più volte (il tasso di dispersione è del 5,1 per cento per gli alunni in ritardo, e dello 0,4 per cento per quelli in regola) e hanno superato da tempo l'età dei compagni di classe (lascia il 40,9% degli alunni con età superiore ai 16 anni.)
 
Anche più complessa la situazione per le scuole superiori L'abbandono complessivo è del 4,3 per cento, e somma l'insieme di alunni che hanno lasciato le aule nel corso dell'anno scolastico 2015/2016 (40.780 alunni), e quello che si sono dati alla fuga nel passaggio all'anno successivo (71.460). «Per la scuola secondaria di secondo grado, la differenziazione per genere sul fenomeno della dispersione scolastica è ancora più evidente di quanto visto per la secondaria di I grado spiegano i ricercatori del Miur - Si vede che per la popolazione studentesca maschile l'abbandono complessivo è stato del 5,1 per cento, parecchio più elevato di quello relativo alla popolazione femminile, pari al 3,4 per cento».

Anche in questo caso il Mezzogiorno segna la percentuale di abbandono complessivo più elevata, pari al 4,8 per, mentre il Nord Est la percentuale più bassa, pari al 3,5%. Tra le regioni in difficoltà si segnala ancora una volta la Campania con il 5,1 per cento di abbandoni.

In sostanza resta vero quello che scrivevano don Lorenzo Milani e i suoi ragazzi della scuola di Barbiana: «Buttiamo giù la maschera. Finché la vostra scuola resta classista e caccia i poveri, l'unica forma di anticlassismo serio e un doposcuola che caccia i ricchi». E infatti osservano i relatori di Save the Children: «Se si vuole cambiare questo stato di cose bisogna dare di più a chi parte con meno, ovvero assumere il principio della discriminazione positiva». Ma finora non è stato così.

La didattica
Save the Children ha elaborato i dati del Questionario scuole realizzato dall' Invalsi (l'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell'Istruzione) e compilato da quasi tutte le scuole nella primavera del 2015 e ha scoperto che mediamente 4 scuole su 10 possono fare affidamento su meno di un laboratorio ogni 100 studenti (media nazionale), ma in alcune province di Sicilia, Campania, Lazio e Toscana la percentuale delle scuole sguarnite raggiunge il 50-60 per cento.

Invalsi
A Napoli il punteggio più basso (149-172) nella prova di Italiano si raggiunge in un'ampia fetta della città: nella zona Nord (Miano, Chiaiano Piscinola, Scampia), e nel centro storico, San Lorenzo Pendino Montecalvario. A Milano lo stesso scarsissimo punteggio si ritrova solo in un'area ristrettissima tra Bovisa e Bicocca e a Roma in nessun quartiere. Di contro in nessun area di Napoli si raggiungono i punteggi più alti contro le cinque di Roma e le dieci di Milano.

Tempo pieno o prolungato
Per l'organizzazione umanitaria è «una risorsa educativa preziosa, uno strumento importante di contrasto alla povertà educativa nelle aree più deprivate e vulnerabili». La possibilità di lasciare i bambini a scuola per un maggior numero di ore è certamente è un aiuto per le famiglie in difficoltà e per i genitori che magari non sono in condizione di aiutare i figli nello svolgere i comiti assegnati a casa. In sostanza uno strumento di eguaglianza. E invece in media, in Italia, solo un terzo delle classi della scuola primaria offre agli alunni il tempo prolungato, ma in alcune regioni, come Sicilia, Molise (8%), Campania (14%), Puglia (17%), questo resta un privilegio per pochi. Non offrono scuole aperte nel pomeriggio il 92 per cento delle classi in Sicilia e Molise, l'86 per cento in Campania e l'83 per cento in Puglia. In province a forte rischio di esclusione sociale come Napoli, Reggio Calabria e Palermo, dove la scuola può fare davvero la differenza, il servizio e garantito ad appena una classe su dieci.

Mense
Secondo i dati diffusi dal Miur e ripresi da Save the Children non accedono alla refezione l'80 per cento dei bambini in Sicilia, il 73 in Puglia, il 70 in Molise e il 65 in Campania. Molto più diffuso il servizio al Nord.

La povertà
In Italia i minori in povertà assoluta sono un milione e 292 mila, uno su otto (12,5 per cento). Il 14 per cento in più del 2015. Le famiglie povere sono 669mila, cifra cinque volte maggiore rispetto a dieci anni fa.

Obesità
Campania capitale italiana dell'obesità: lo dimostrano i dati raccolti dal sistema di sorveglianza «Okkio alla Salute», promosso dal Ministero della Salute e coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità. L'indagine 2016 ha coinvolto 2.604 classi di tutto il territorio nazionale, per un totale 48.946 bambini di 8-9 anni. I risultati mostrano che nel 2016 quasi un bambino su 10 è obeso. I picchi maggiori si registrano in Campania (44,1per cento), Calabria (41,4 per cento) e Molise (40,1 per cento). E questo forse anche perché un minore su 5 conduce una vita sedentaria, con medie particolarmente elevate in Sicilia (37,8), Campania (35,8) e Calabria (33).

In rete
Più povere e più isolate. Come sottolinea Save The Children: «Le risposte fornite dalla quasi totalità dei dirigenti al questionario Invalsi ci dicono, ad esempio, che le scuole del Sud e delle Isole, segnate da livelli più marcati di dispersione, fanno maggiore fatica a stare in rete: in Campania 1 scuola su 100 aderisce a 5 o più reti, in Veneto 1 su 2». E questo anche perché sono molto diverse le possibilità (o le capacita) delle scuole ai due capi dell'Italia di attingere concretamente ai finanziamenti per poter lavorare insieme. Rispetto alle reti che si costituiscono al Sud, quelle del I ciclo attive nel Nord-Est sono mediamente più supportate dallo Stato (64,9 per cento contro 51,3 per cento), dalla Regione (25,8 per cento contro 12,3 per cento), da altri enti e istituzioni pubbliche (35,1 per cento contro 11,3 per cento), da privati (17,1 per cento contro 3,8 per cento) e da risorse proprie delle scuole (62,5 per cento contro 28,4 per cento).
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