Uccise rapinatore, gioielliere scagionato a Frattamaggiore: «Fu legittima difesa»

Uccise rapinatore, gioielliere scagionato a Frattamaggiore: «Fu legittima difesa»
di Marco Di Caterino
Mercoledì 24 Giugno 2020, 11:00
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La fine di un incubo durato più di due anni. È stata archiviata l'accusa contro Luigi Corcione, il giovane gioielliere di Frattamaggiore, indagato per eccesso colposo di legittima difesa per aver ucciso nel corso di un conflitto a fuoco uno dei quattro rapinatori che, armati di pistole e con il volto coperto da inquietanti maschere di animali, nel primo pomeriggio di sabato 10 febbraio 2018 assaltarono il suo negozio, in corso Durante.

Si conclude così, con un non luogo a procedere contro il gioielliere, una tragica vicenda, finita con la morte di uno dei malviventi, Raffaele Ottaiano, di Crispano, colpito da un unico proiettile esploso dalla pistola legalmente detenuta da Luigi Corcione. Quel colpo finì per spappolare uno dei polmoni e recidere la stessa arteria polmonare di Raffaele Ottaiano, che indossava una maschera di gommapiuma raffigurante la faccia di un maiale. Ottaiano fu colpito in pieno petto e dopo una manciata di passi stramazzò sulla soglia di un negozio di abbigliamento per bambini, adiacente alla gioielleria. Il rapinatore fu identificato solo qualche ora dopo, mentre uno dei suoi complici, pure lui armato e mascherato, fu bloccato da un ispettore di polizia che libero dal servizio accorse sul posto alle prime deflagrazioni degli spari.
 

 

Un vero inferno. Una pagina nera per Frattamaggiore, che in pieno pomeriggio, in pieno centro, con i negozi affollati a pochi giorni da San Valentino, si trovò catapultata in un incubo del quale restano ancora tracce. E se ci sono voluti più di due anni per fare luce su quel tragico pomeriggio, vuol dire che le indagini, coordinate dalla Procura di Napoli Nord diretta da Francesco Greco, sono state particolarmente minuziose. Vivisezionate. Soprattutto quelle squisitamente tecniche: le balistiche per accertare chi, quando e dove avesse esploso quella decina di colpi e le traiettorie delle ogive; le analisi delle immagini dei sistemi di videosorveglianza dei negozi, tra cui anche quelle della stessa gioielleria, per confrontare e confutare le dichiarazioni dell'indagato, dei testimoni e pure quelle dei complici del rapinatore ucciso (Carmine Pagnano, Luigi Lauro, Antonio Topa, Pietro D'Angelo e Luigi D'Angelo, arrestati pochi giorni dopo la sparatoria e poi condannati, lo scorso anno, a complessivi 40 anni di galera); i rilievi effettuati dalla polizia scientifica sul luogo della rapina; la circostanza che lo stesso gioielliere, dopo il mortale conflitto a fuoco, consegnò ai poliziotti l'arma del malvivente ucciso che era stata aveva ritrovata accanto al corpo.
 

Una mole di documentazione dalla quale viene fuori che Luigi Corcione, assistito in questi due anni dal penalista napoletano Luigi Ferrante, quel maledetto sabato fece un uso legittimo della sua arma, perché, come anticipato dalle motivazioni dell'archiviazione, si trovò in imminente pericolo di vita, non solo lui ma anche un cugino (che ingaggiò una violenta colluttazione con un complice del rapinatore deceduto) e la commessa che al momento dell'irruzione dei banditi si trovava da sola nel negozio con due quattordicenni che stavano acquistando regali per San Valentino, e che era stata minacciata da uno dei complici di Ottaiano con una pistola alla tempia.

Il gioielliere, che al momento dell'irruzione dei rapinatori si trovava con il cugino in un locale ubicato proprio sopra il negozio, vide quanto stava accadendo dal monitor del sistema di videosorveglianza. Luigi Corcione si precipitò per le scale, uscendo dal portone del palazzo accanto al negozio. Qui il gioielliere e il cugino si imbatterono in uno dei rapinatori, che venne affrontato dal famigliare di Luigi Corcione, mentre quest'ultimo di trovò faccia a faccia con Raffaele Ottaiano e un complice, entrambi armati e con le pistole puntate contro il gioielliere, che a questo punto impugnò la sua pistola esplodendo tutti i colpi.
Per il gup del Tribunale di Napoli Nord, fu legittima difesa piena. 

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