Leonardo, il giallo della lettera al notaio dell'hacker di Pomigliano

Leonardo, il giallo della lettera al notaio dell'hacker di Pomigliano
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 7 Dicembre 2020, 12:00 - Ultimo agg. 12:20
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Si è mostrato freddo fino al cinismo, anche quando la polizia è piombata a casa e in ufficio. Anche di fronte a un mandato di perquisizione corredato da accuse da brividi, Arturo D'Elia non ha tentennato. Anzi. In una conversazione con la sua fidanzata - intercettazione oggi agli atti - svela un particolare su quelle che vengono considerate le potenziali coperture eccellenti di cui avrebbe goduto nei tre anni alla Leonardo. Un punto, quello delle presunte coperture, che ora è al vaglio della Procura di Napoli, che punta anche a ricostruire un movente dell'azione di spionaggio condotta dall'interno del colosso aerospaziale: avrebbe venduto atti «esfiltrati» sulla costruzione di velivoli e progetti in corso? O questo «pirata» informatico avrebbe agito per conto di strutture spionistiche? Ma andiamo con ordine, a partire da una sorta di giallo, quello della lettera al notaio, con nomi che scottano, nomi di soggetti che - secondo quanto si deduce - pur avendo messo a fuoco la sua condotta, avrebbero nei suoi confronti le mani legate. Ecco uno dei punti decisivi della misura cautelare firmata dal gip del Tribunale di Napoli Roberto D'Auria: «Freddezza e apparente calma, che l'indagato ha mostrato in tutto l'arco delle indagini ed anche nella fase delle perquisizioni, arrivando addirittura a rassicurare la propria fidanzata circa il fatto di avere coperture e che le stesse persone con cui era entrato in contatto in relazione alla vicenda Leonardo non potessero fargli nulla poiché aveva lasciato un documento scritto presso un notaio indicato». Un giallo su cui è in corso l'indagine dei pm Mariasofia Cozza e Claudio Onorati, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e dello stesso procuratore Gianni Melillo. 

Un profilo tutto da mettere a fuoco, quello del presunto «pirata» informatico nato a Eboli nel 1982. Ex hacker in grado di bucare il sistema informatico della Nato, ma anche di intervenire in favore del Pentagono, Arturo D'Elia (che è difeso dal senatore Franco Cardiello) dovrà difendersi dalle accuse di accesso abusivo a sistema informatico, intercettazione illecita di comunicazioni telematiche e trattamento illecito di dati personali, nel corso di una inchiesta che vede agli arresti domiciliari una sorta di insospettabile, per anni al servizio della Leonardo: si chiama Antonio Rossi, classe 1975, originario di Latina, ufficio a Roma, dove vengono concepite le attività di monitoraggio degli attacchi informatici subiti dalla Leonardo e dove vengono studiate le eventuali contromosse. È indagato per depistaggio, il signor Rossi perché avrebbe ridimensionato la portata (in senso qualitativo e quantitativo) dei danni subiti e denunciati nel 2017 dai vertici della Leonardo, fino a consegnare una copia forense all'autorità giudiziaria ritenuta inservibile. È il caso della copia del cosiddetto «paziente zero», a proposito di una postazione individuale dalla quale sarebbe iniziata l'esfiltrazione di dati.

Chiare le accuse, restano decisamente sullo sfondo registi e moventi dell'operazione finita sotto inchiesta. C'era un fine economico o spionistico dietro il «pirata» di Eboli? È il gip a parlare di «finalità di spionaggio o di dossieraggio», che possono ovviamente diventare complementari a un progetto finalizzato a piazzare su un mercato illegale (destinato al miglior offerente) informazione sui progetti in corso nella sede di Pomigliano della Leonardo. Aspetti misteriosi, come resta tinta di giallo la figura dello stesso D'Elia. Una volta finito sotto inchiesta (raggiunto da decreti di perquisizione), il presunto hacker ha trovato una facile ricollocazione in un'altra azienda specializzata nello sviluppo di software di tipo industriale, che eroga servizi di cybersecurity per mercato internazionale (azienda radicata al Centro direzionale di Napoli, che è ovviamente estranea a questa inchiesta). Tante le testimonianze sull'uomo indicato dal gip «come un cavallo di Troia vivente in Leonardo», ma sono tanti ancora i nodi da sciogliere su di lui: consulente di ufficio per due Procure, ma anche capace di mettere alcuni nomi in un plico e spedirlo a un notaio, come ipoteca personale nel pieno di un'inchiesta terremoto sul suo conto. 

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