Lino Apicella morto un anno fa a Napoli, il questore Giuliano: «Un eroe moderno ma occorre più mobilitazione anticlan»

Lino Apicella morto un anno fa a Napoli, il questore Giuliano: «Un eroe moderno ma occorre più mobilitazione anticlan»
di Giuseppe Crimaldi
Martedì 27 Aprile 2021, 14:00 - Ultimo agg. 28 Aprile, 10:13
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Questore Alessandro Giuliano, è passato un anno dalla morte di Pasquale Apicella. La sua vita sacrificata durante il servizio nel tentativo di fermare una rapina. Un esempio di generosità e altruismo che Napoli non deve dimenticare.
«Quella di Lino Apicella è una figura fulgida ed esemplare: un ragazzo cresciuto in quartiere difficile ma in una famiglia sana, con valori positivi, che ha fortemente voluto indossare la nostra divisa; certamente Lino non desiderava morire, ma è morto facendo il lavoro che più amava. E la sua tragica scomparsa, avvenuta nel pieno del primo lockdown, ci ricorda tra l'altro come le donne e gli uomini della Polizia di Stato e delle altre forze dell'ordine non si siano mai fermati, e abbiano vigilato sulla sicurezza di tutti anche nelle fasi più acute della pandemia, anche a rischio della propria vita».

Chiunque veste una divisa mette naturalmente nel conto il rischio della vita. Tuttavia le strade di Napoli restano ancora crocevia troppo pericolosi. Che cosa serve veramente a questa città per garantire maggiore sicurezza per tutti?
«Serve il gioco di squadra tra tutte le istituzioni e con i cittadini, serve non abbassare mai la guardia; e occorre essere intolleranti verso tutte le illegalità, incluse quelle comunemente considerate meno gravi, come ad esempio il fenomeno dei parcheggiatori abusivi, perché producono una sorta di assuefazione e di rassegnazione che considero esiziali».

A Napoli cala il numero dei reati, ma per tanti cittadini la percezione della sicurezza rimane ancora troppo bassa. Forse esiste anche un altro discorso da affrontare, quello della complessità dei controlli.
«Per quanto il calo dei reati sia certamente un dato positivo, non ci siamo mai accontentati di questo, sia perché esiste una percentuale di episodi che purtroppo non viene denunciata, sia perché non possiamo restare indifferenti a ciò che la gente, indipendentemente dai numeri, percepisce. È per questa ragione che non manchiamo mai di ascoltare le istanze che provengono dai territori, a cui sempre rispondiamo con attività di controllo del territorio più intense, volte sia a riaffermare la presenza dello Stato in modo visibile, sia a rassicurare i cittadini.

Tutto questo però funziona solo se c'è un dialogo continuo con la popolazione, che noi cerchiamo di tenere sempre aperto, e se tutti i reati vengono denunciati.

I casi di murales e altarini realizzati per ricordare giovanissimi i cui esempi di vita e di morte restano sbagliati tiene ancora banco. E alcune di queste opere tardano ad essere rimosse.
«Al di là dei casi specifici, ho condiviso fin dal primo giorno la linea sostenuta dal Prefetto Valentini, che in Questura abbiamo portato avanti pianificando e dirigendo le operazioni di rimozione, in sinergia con le altre forze dell'ordine. Credo anch'io che la necessaria pietà umana per chi è morto non debba tradursi nel trasformare in un simbolo chi nella vita ha deciso di dedicarsi al crimine, perché questo può dar luogo a pericolosi meccanismi di emulazione soprattutto nei giovani, a cui invece vanno proposti dei modelli positivi. Questa straordinaria città è piena di figure del passato e del presente che possono costituire un esempio per i ragazzi: e Lino Apicella, figlio di questa terra, è una di esse».

Una settimana fa ai Colli Aminei il racket ha rialzato la testa. In maniera brutale ed eclatante. È preoccupato da questa escalation di violenza?
«Non parlo di indagini o di casi specifici ma, da ex investigatore, posso affermare che in questo territorio vi sono un'autorità giudiziaria ed uffici investigativi di primissimo ordine. Vorrei dire un'altra cosa invece. Credo che in questa città non si parli abbastanza della camorra, e non si dica abbastanza che la camorra è il più grave problema di questo territorio, che inquina l'economia e le istituzioni, che genera marginalità e diseguaglianze. Mi piacerebbe si parlasse di camorra anche quando questa non spara e non compie attentati, e che ogni atto di intimidazione o richiesta estorsiva venissero denunciati all'istante».

Un anno e più di pandemia. Oggi siamo tornati in zona gialla, anche se le premesse viste già nei giorni scorsi inducono a tenere molto alto il senso di responsabilità collettiva. Serve tanta cautela, oggi più che mai, non crede?
«Certo. Lo scorso fine settimana centinaia di donne e uomini delle forze dell'ordine hanno operato controlli e sanzioni, e domenica, in applicazione di ordinanze del sindaco, abbiamo provvisoriamente chiuso via Partenope e le discese a mare da via Posillipo. Ovviamente queste attività proseguiranno con il massimo impegno anche in altre aree. Ma tutto questo non può bastare senza il necessario senso di responsabilità di tutti, cittadini ed esercenti. A fronte di tantissime persone che in questo anno si sono sacrificate per rispettare le regole, ve ne sono alcune che non hanno smesso di organizzare feste di compleanno e tombolate dentro alberghi e B&B. Come ha detto il prefetto, è fuorviante ridurre ai soli controlli il tema del contrasto alla pandemia, occorre che ciascuno faccia la propria parte».

Che appello vorrebbe lanciare ai napoletani?
«Ad osservare sempre le regole, per rispetto verso chi è morto e chi ancora soffre, e per tutelare le persone più fragili». 

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