Lockdown a Napoli, la denuncia del rosticciere: «Io, multato per aver venduto un panino: un ragazzo lo mangiava sul marciapiedi»

Lockdown a Napoli, la denuncia del rosticciere: «Io, multato per aver venduto un panino: un ragazzo lo mangiava sul marciapiedi»
di Giuseppe Crimaldi
Lunedì 16 Novembre 2020, 11:00 - Ultimo agg. 15:00
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Ci sono storie di ordinario rigore che, in questi che sono tempi difficili per tutti, è giusto raccontare. Non certo per buttare la croce addosso a chi - parliamo delle forze dell'ordine - compiono ogni giorno uno sforzo sovrumano nel far rispettare la legge e tutelare la sicurezza di tutti; ma piuttosto perché integrano il quadro di un'emergenza collettiva dalla quale se ne esce anche con un margine di tolleranza. La stessa che, stando al racconto fatto da Francesco Anastasio al Mattino, sarebbe mancata nelle valutazioni a dir poco rigorose durante uno dei controlli scattati a poche ore dal secondo lockdown: e - vale la pena sottolinearlo, proprio mentre in altre zone di Napoli (vedi il Vomero) migliaia di persone sciamavano liberamente in strada con o senza mascherine. Anastasio, titolare di una pizzetteria di via San Carlo, sabato sera si è beccato una multa salata e la chiusura del negozio per due giorni pur avendo rispettato quanto dispongono le ordinanze regionali e i decreti di legge nazionali.

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Che cosa è successo?
«Intorno alle otto di sera, mentre finalmente cominciava ad arrivare qualche cliente dopo una giornata nella quale non avevamo incassato niente, è entrata una agente della Polizia di Stato, credo fosse un'ispettrice, contestandomi la violazione dei regolamenti in materia di consumo dei cibi nei locali».

E perché?
«All'esterno della pizzetteria stazionava un gruppetto di ragazzini, in attesa di pizze e patatine che avevano ordinato.

Tra loro c'era un altro adolescente che aveva invece pagato un panino. Subito dopo era uscito e lo stava mangiando sul marciapiedi».

Che cosa le contestava esattamente la poliziotta?
«Prima ha sostenuto che dalle 18 nessuno poteva metter piede nel negozio; poi - senza nemmeno darmi molte possibilità di replicare - ha chiesto addirittura il rinforzo di una seconda pattuglia della Questura, in servizio in altra zona del centro. Al loro arrivo, ha dato loro disposizioni di procedere nella verbalizzazione».

Eppure la vendita da asporto è consentita.
«Infatti. Ho provato a spiegare le mie ragioni, ma la signora proprio non ne ha voluto sapere. Mi sento vittima di un'ingiustizia e credo di avere tutte le carte in regola per contestare questo verbale».

Alla fine quanto dovrà pagare?
«Duecento euro di multa e andrò incontro anche ad una eventuale chiusura di due giorni».

Come si muoverà adesso?
«Tanto per cominciare, considerati i guadagni sempre più scarsi, ho deciso di tenere chiuso il locale fino a oggi. Poi si vedrà. Nel frattempo ho parlato con il mio avvocato e credo che impugneremo il provvedimento amministrativo. Ripeto, non ho violato alcun regolamento: i clienti - compreso quell'adolescente che mangiava il panino - erano tutti all'esterno del mio locale. E certo io non posso impedire a nessuno di fare quello che vuole, quando è per strada».

Lei prima parlava degli scarsi incassi. Anche lei, che gestisce un punto ristoro in pieno centro, a due passi da via Toledo e da piazza del Plebiscito, accusa gli effetti della crisi economica?
«Le posso garantire che anche noi abbiamo avuto un crollo degli incassi. Con le vendite da asporto ormai non superiamo i 60-70 euro al giorno. Se consideriamo i costi di mantenimento del locale - l'affitto, la corrente, il personale - allora non c'è più alcun profitto. E converrebbe quasi chiudere».

Quante persone lavorano adesso con lei?
«Eravamo in otto, prima del lockdown. Oggi siamo rimasti in quattro: io, mia moglie, una banconista e il pizzaiolo».

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