Lady Mastella all'attacco: «Dopo la querela chiedo anche i danni alla Bindi»

Sandra Lonardo
Sandra Lonardo
Giovedì 4 Giugno 2015, 19:25
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Dieci anni fa, di questi tempi, festeggiava l'elezione a presidente del Consiglio regionale della Campania. Oggi Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella, è costretta a dare l'addio all'assemblea regionale campana, tra i cui banchi era stata rieletta nell'ultima consiliatura. Commiato forzoso, nonostante gli oltre 10mila voti ottenuti il 31 maggio, per il quale lady Mastella individua due responsabili: la legge elettorale regionale «che penalizza le piccole province» come Benevento, ma soprattutto la presidente dell'Antimafia, Rosy Bindi, che l'ha inserita nella lista degli «impresentabili».



Così, dopo la querela per diffamazione, Sandra Lonardo aggiunge contro Bindi anche una richiesta di risarcimento in sede civile. «Ho subito un danno enorme sul piano politico e umano. Molti miei competitori hanno potuto attaccarmi nelle piazze, nelle ultime ore di campagna elettorale», spiega a Benevento la moglie dell'ex ministro della Giustizia. «La lista è stata diffusa ad arte quando era scattato di fatto il silenzio elettorale. Non ho potuto difendermi, spiegare che non ho subito condanne e anzi sono stata assolta in due processi, addirittura su richiesta della pubblica accusa». Nessuna condanna, ma l'inserimento tra gli «impresentabili» è stato provocato dal coinvolgimento nell'inchiesta sulla sanità campana che, nel 2008, portò alle dimissioni del marito dalla carica di Guardasigilli.



Dopo il verdetto delle urne, Sandra Lonardo usa una metafora calcistica: «Ho la sensazione di aver vinto il campionato ma senza lo scudetto».
Candidata nelle liste di Forza Italia a Benevento, domenica ha ottenuto 10.213 preferenze «ma non sono stata eletta a causa di una legge elettorale iniqua, che va cambiata». Dopo dieci anni in Consiglio regionale, i primi cinque addirittura alla presidenza, lady Mastella lascia l'assemblea ma, sottolinea, non la politica. «I Mastella ci sono. Continueremo a lottare per difendere gli interessi della nostra gente, del Sannio. Insomma, la storia non finisce qui. È una promessa».
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