Napoli, Luca morto a 15 anni dopo il sushi: ristoratore e medico di famiglia verso il processo

Napoli, Luca morto a 15 anni dopo il sushi: ristoratore e medico di famiglia verso il processo
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 15 Settembre 2022, 23:57 - Ultimo agg. 17 Settembre, 08:30
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Responsabilità parallele che, nel giro di pochi giorni, hanno contribuito a provocare la morte di uno studente di quindici anni. Da un lato, il cibo scadente: non tracciato, conservato male e abbattuto con strumenti vecchi prima di essere servito; dall’altro, un intervento medico quanto meno poco tempestivo, che non è riuscito ad impedire la più tragica delle conseguenze. Sono queste le motivazioni che hanno spinto la Procura di Napoli a notificare due avvisi di conclusione delle indagini a carico di un imprenditore cinese, ex titolare di un ristorante di cibo orientale al Vomero; e nei confronti di un medico di famiglia, che si sarebbe limitato a consigliare una cura non adeguata (per altro dopo un consulto telefonico), senza disporre accertamenti specifici e analisi approfondite. 

Due avvisi di conclusione delle indagini, atto che fa in genere da preludio a una probabile richiesta di rinvio a giudizio, che portano la firma dei pm Federica D’Amodio e Luigi Landolfi, al termine delle indagini condotte dai carabinieri del Nas. Brutta storia, quella toccata a uno studente modello, si chiamava Luca Piscopo, liceale di Soccavo morto a soli 15 anni lo scorso due dicembre.

Ucciso da una infezione di salmonella e da cure superficiali e in ritardo, secondo quanto emerge dalla lettura dei due avvisi di garanzia spediti in questi giorni. Rappresentati dalla penalista Marianna Borrelli, i familiari di Luca hanno atteso con profonda dignità la svolta processuale di questi giorni, mostrandosi determinati ad ottenere giustizia al termine del dibattimento. 

Ma in cosa consistono le accuse mosse nei confronti di imprenditore e medico di famiglia. In sintesi, la Procura batte la pista delle linee parallele. Esistono due livelli di responsabilità che non sono mai entrati in contatto, ma che - nel loro insieme - hanno contribuito alla morte del ragazzo. È il 23 novembre scorso, quando Luca si reca assieme ad alcuni compagni di classe in un ristorante di sushi al Vomero (oggi ha cambiato gestione, dopo le prime indagini a carico dell’imprenditore di nazionalità cinese finito sotto inchiesta), al termine di una manifestazione studentesca al Vomero. Mangiano sushi, probabilmente con la formula “all you can eat”, le conseguenze sono pressoché immediate. Non solo per Luca, ma anche per alcune compagne di classe che accusano dei malori, ma fortunatamente riescono a superare i momenti critici. Atletico, salutista convinto, in perfette condizioni di salute, Luca viene stroncato dopo almeno una settimana con picchi di febbre altissima, vomito e diarrea. Ma andiamo a leggere le accuse oggi ipotizzate dalla Procura di Napoli. Omicidio colposo, somministrazione di sostanze nocive, delitti colposi contro la salute pubblica, violazione della legge sugli alimenti mal conservati sono le accuse mosse al ristoratore; omicidio colposo in ambito sanitario è l’ipotesi investigativa a carico del medico. Difesi dai penalisti Nunzio Giudice, Carmine Ippolito, Arturo Cola e Vittoria Pellegrino, i due indagati si dicono pronti a dimostrare la propria versione dei fatti nel corso del processo in corso.  

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Una vicenda che ruota attorno alle condizioni igienico-sanitarie del pesce servito crudo. Scrivono i pm: non c’era documentazione attestante l’origine dell’alimento; non sono stati impiegati congelatori adatti; assenza di schede tecniche a proposito degli strumenti di abbattimento del prodotto (una tecnica decisiva nelle operazioni di scongelamento, per uccidere i batteri); mancanza di un rilevatore della temperatura nella gestione dei pozzetti di congelamento. E non è tutto. A nulla sono servite alcune denunce rimediate dallo stesso ristoratore alcuni mesi prima che si verificasse la morte del ragazzo, dal momento che erano state elevate multe proprio a proposito delle condizioni igienico sanitarie degli alimenti. Tutto inutile. Le multe non sono servite a garantire standard minimi, in grado di scongiurare il rischio della diffusione del batterio killer. 

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