Camorra, voti e imprese; Cesaro verso il processo: «Ma non c'entro con le attività dei miei fratelli»

Camorra, voti e imprese; Cesaro verso il processo: «Ma non c'entro con le attività dei miei fratelli»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 19 Ottobre 2022, 23:58 - Ultimo agg. 21 Ottobre, 14:56
4 Minuti di Lettura

Ha battuto su due punti in particolare: «La distanza fisica da Sant’Antimo, con una carriera politica spesa quasi interamente a Roma; la completa estraneità rispetto alle fortune imprenditoriali dei fratelli o della famiglia Cesaro in generale». Eccolo Luigi Cesaro, l’ex senatore, ex presidente della Provincia, ex notabile di Forza Italia, per la prima volta dinanzi al giudice che lo ha arrestato. Sedicesimo piano della Torre B, sono da poco passate le tre di ieri pomeriggio, quando non passa inosservata la sagoma di un ex potente della politica campana e nazionale, mentre varca la soglia del Palazzo di giustizia, raggiunto di recente da un doppio provvedimento di natura giudiziaria. Come è noto sono stati i carabinieri del Ros (agli ordini del comandante Andrea Manti) a notificargli l’ordine di arresto ai domiciliari nel corso della inchiesta sulla presunta Sant’Antimo connection; oltre a un secondo atto giudiziario: è un avviso di chiusa inchiesta, l’atto che fa da preludio a una probabile richiesta di processo per l’ex senatore.

Due le accuse che gli sono state mosse: concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale, in uno scenario investigativo che fa leva sulle accuse di pentiti del clan Puca e alcune intercettazioni che lo tirano in ballo, a proposito delle elezioni del 2017 a Sant’Antimo.

Inchiesta condotta dai pm Loreto e Serio (ieri presenti all’interrogatorio), a leggere la misura cautelare, in un intero spaccato amministrativo alle porte di Napoli “la democrazia sarebbe stata sospesa” per anni.

Ma come ha replicato Luigi Cesaro a queste accuse? Da ex senatore di lungo corso, Cesaro ha deciso di non avvalersi della facoltà di non rispondere. Difeso dal professore Alfonso Furgiuele e dall’avvocato Michele Santonastaso, Cesaro ha replicato sulle due accuse principali. Si parte dalla storia dei voti comprati: Cesaro ha respinto le accuse, facendo leva proprio sul materiale che sta alla base della misura cautelare del gip Miranda. Anzi: «Nelle carte dell’inchiesta - è la sintesi della sua versione - spunta una intercettazione nella quale Di Lorenzo (ex leader in consiglio comunale a Sant’Antimo), si sarebbe lamentato per il fatto che Cesaro non avrebbe dato un soldo per la campagna elettorale». C’era stata una promessa a sostenere candidati e galoppìni locali? «Niente affatto - è la replica - dal momento che non c’è traccia di questa promessa a leggere le carte dell’inchiesta».

Ma c’è un altro punto su cui fa leva l’inchiesta che vede attualmente agli arresti domiciliari Luigi Cesaro. E riguarda il narrato di alcuni collaboratori di giustizia del clan Puca, che sostengono di aver investito nelle sorti imprenditoriali dei fratelli Cesaro. È l’accusa che tiene sotto processo Aniello, Raffaele e Antimo Cesaro, sulla scorta dei presunti rapporti intrecciati con il boss Pasquale Puca (alias ’o minorenne), che avrebbe consegnato soldi alcuni decenni fa, in cambio di una sorta di tangente fissa da ricevere alla fine di ogni mese. È questo il punto sul quale ieri Cesaro ha anticipato una parte della sua versione difensiva rispetto al processo che dovrà sostenere nei prossimi mesi. «Non faccio l’imprenditore, non mi occupo di attività da manager nei più disparati settori che hanno riguardato le attività della mia famiglia, non posso rispondere di cose che non conosco e che non appartengono alla mia attività individuale. Ho speso gli ultimi decenni ad occuparmi di politica, sono stato quasi sempre impegnato a Roma, non sono a conoscenza di queste attività».

Ora l’attesa per il suo “debutto” in un’aula di giustizia. Come è noto la sua posizione è stata stralciata due anni fa rispetto a quella degli altri imputati (fratelli compresi), che si ritrovano due volte alla settimana dinanzi a una sezione penale del Tribunale di Napoli. Tocca ora a Luigi Cesaro assistere alle accuse di pentiti e al contenuto di intercettazioni, a proposito di un presunto patto politico-mafioso-imprenditoriale che avrebbe determinato la “sospensione della democrazia” in un Comune di 40mila anime alle porte di Napoli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA