La mala-gente osceno cancro della mala-sanità

di Marilicia Salvia
Venerdì 19 Luglio 2019, 08:00
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Dalle formiche ai summit di camorra, dal boicottaggio di strumenti salvavita fino al barbaro costume di fingersi in servizio e in realtà farsi i fatti propri, le inchieste della magistratura ci stanno consegnando giorno dopo giorno il quadro di un pianeta sanità che a Napoli è profondamente, gravemente malato. 

Impossibile e in fondo inutile esercitarsi in una classifica delle diverse forme di oscenità con cui va manifestandosi un cancro troppo radicato per immaginarlo di origini recenti, è invece indispensabile concentrarsi sulle terapie capaci di estirparlo: tutto e una volta per tutte, senza se e senza ma. Difficile farsi prendere dalla prudenza garantista di fronte alla prova schiacciante di un video che racconta di un badge timbrato da un adolescente al posto della madre, dipendente dell'ospedale Cardarelli, che risultava così presente, e quindi regolarmente pagata, mentre se ne stava comodamente a casa sua. Difficile, pur nella consapevolezza di possibili eccezioni, che le decine di casi di «scambi di persona» con cui il marcatempo dell'ospedale più importante del Mezzogiorno è stato regolarmente imbrogliato per un lunghissimo periodo possano trovare spiegazione se non nella esistenza, e nella resistenza nel tempo, di uno scellerato patto tra colleghi, un'intesa più o meno sottintesa che a turno favoriva l'uno o l'altro. Un «modus vivendi» maturato forse per rendere più tollerabile un'attività indubbiamente impegnativa qual è quella di stare dietro alle sofferenze dei malati, attività fatta di turni onerosi, massacranti, quali sono quelli organizzati oltretutto in una struttura cui la crisi ha imposto tagli verticali, indiscriminati, insopportabili. Non è improbabile che qualcuno dei sessanta indagati proverà a giustificarsi così, ribaltando le accuse, dando la colpa all'ente pubblico dei propri privati comportamenti. Ma nessun disagio, per quanto reale, per quanto meritevole di risposte, potrà giustificare un'azione che se in altri ambiti lavorativi è odiosa, in campo sanitario si fa semplicemente aberrante.

Al Cardarelli, come negli altri ospedali napoletani, ci sono migliaia di medici, infermieri, amministrativi e tecnici bravi, seri, perbene. Professionisti validi, lavoratori appassionati e preparati il cui buon ricordo resta impresso nel cuore dei pazienti guariti, e anche in quello dei parenti di chi non riesce a vincere la battaglia contro la malattia. Eppure chiunque abbia vissuto sulla propria pelle, o stando vicino a un proprio caro, il dramma di un ricovero negli ospedali cittadini sa dire bene quanto ad ogni esperienza positiva abbia fatto da pesante contrappeso il rapporto con personale scorbutico, lento a farsi vedere, quasi indifferente al carico di sofferenza del malato. Di quella persona inerme, spaventata, fragile che in quei momenti si sente l'unica persona malata del mondo, l'unica bisognosa di attenzione e conforto. Una persona che non capisce, non deve capire i problemi legati alla durezza del turno, all'urgenza di andare a prendere il figlio a scuola, alla rabbia per aver dovuto rinunciare alla partita di calcetto con gli amici. Problemi più o meno seri che l'assenteismo, è ovvio, finisce per amplificare. Un calcio in faccia rifilato a chi entra in ospedale affidandosi ad esso con fiducia, un doppio colpo a chi prova, nonostante tutto, a farne un posto migliore, l'ennesima batosta sulle speranze di raggiungere standard, se non europei, quantomeno vicini ai livelli minimi di un Paese civile.

Ora la direzione del Cardarelli fa sapere di aver dato decisivo impulso alle indagini, spiega che se si andrà a processo si costituirà parte civile, che nel frattempo il sistema del badge marcatempo è stato sostituito da quello, si spera inviolabile, del riconoscimento dell'impronta digitale: sistema osteggiato da molti dipendenti, e oggi si capisce perché. Ma se davvero si vuole estirpare il cancro, se davvero si vuol dare il segnale della risalita bisogna agire sul tempo, bisogna fare in fretta: sospendere i presunti furbetti, tutti e subito, togliere loro lo stipendio, quello stipendio che hanno disonorato incassandolo pur non andando a lavorare. La giustizia dirà poi se e in quali casi l'indagine dovesse aver toppato, se e in quali casi ci sarà da reintegrare in servizio con tante scuse. Ma guai a prendere tempo, di tempo agli assenteisti cronici ne è stato dato anche troppo. Così come ai camorristi che si sono impadroniti del San Giovanni Bosco, e a tutti i ricattatori che hanno sparso formiche e addirittura inserito forcine nei macchinari. Al cancro non va dato tempo, va tolto. Alla mala-sanità, perché ritorni ciò che deve essere, non basterà l'auspicabile piano di assunzioni, non basterà la necessaria riorganizzazione dei servizi, non basterà l'attuazione di ciò che detta la burocrazia. Nulla guarirà il pianeta sanità dai suoi mali, finché ad abitarlo sarà la mala-gente.
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