«Marano, la Chiesa doni le tele del boss all’Agenzia dei beni confiscati»

«Marano, la Chiesa doni le tele del boss all’Agenzia dei beni confiscati»
di Daniela De Crescenzo
Domenica 28 Marzo 2021, 00:03 - Ultimo agg. 30 Marzo, 09:10
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«I quadri regalati da Lorenzo Nuvoletta non dovrebbero restare in Chiesa: sarebbe giusto donarli all’Agenzia per i beni confiscati»: non ha dubbi il procuratore Armando D’Alterio, che conosce a fondo gli esponenti del clan di Marano, avendo anche svolto le indagini che li hanno individuati come i mandanti del delitto Siani.


Le tele non potrebbero essere sequestrate?
«In linea generale, e fermo restando che la competenza in materia spetta alla Procura distrettuale di Napoli, posso solo ricordare che sequestro e confisca di prevenzione nei confronti dei terzi, acquirenti o donatari di beni passibili di misure di prevenzione patrimoniale in quanto provento criminoso, possono essere esercitati entro cinque anni dalla morte del donatore.

Lorenzo Nuvoletta è deceduto il 7 aprile 1994, e quindi i termini sono scaduti. Posso allora solo auspicare che la Chiesa faccia a sua volta dono di quei quadri all’Agenzia che si occupa dei beni confiscati alle mafie. Questa, a sua volta, potrebbe rivenderli per destinare i proventi al risarcimento delle vittime di mafia, oppure a edifici che abbiano finalità di sostegno di quelle stesse vittime. Il primo passo, evidentemente dovrebbe essere quello di togliere la targhetta con il nome del donatore».


Chi è Lorenzo Nuvoletta?
«Uno dei criminali più potenti e sanguinari degli anni Ottanta. Non lo arrestammo per l’omicidio Siani solo perché morì un anno prima della conclusione delle indagini, ma la sua posizione era la stessa del fratello, Angelo, poi condannato con una sentenza passata in giudicato. Entrambi ordinarono il delitto, insistendo che questo era necessario perché lo voleva “lo zio dalla Sicilia”, cioè Totò Riina. Decisero l’agguato perché Siani era autore di un articolo sull’arresto di Valentino Gionta nel quale s’ipotizzava che le manette fossero scattate proprio a causa di un tradimento dei Nuvoletta. Sentenze dei Tribunali e delle Corti di Napoli e Palermo hanno anche delineato i rapporti tra il clan di Marano e Cosa nostra».


Che cosa è scritto in quelle sentenze?
«Si racconta che i siciliani furono ospitati nella tenuta dei Nuvoletta a Poggio Vallesana. Da loro i campani impararono a bollire i cadaveri nell’acido. Glielo insegnò Marino Mannoia, con la tecnica a sua volta mutuata da Salvatore Inzerillo e Cosa Nostra americana. Inoltre è accertato che con Cosa Nostra il clan di Marano gestì contrabbando, droga, riciclaggio. Un esempio per tutti: Michele e Salvatore Greco acquistarono il fondo Verbumcaudo dagli eredi Tagliavia con un assegno di 350 milioni emesso da un imprenditore legato ai Nuvoletta».


Perché persone così efferate fanno donazioni alla Chiesa?
«La filosofia comune ai clan, per come ci è stata spiegata nel corso degli interrogatori, è questa: io volevo fare l’imprenditore, ma al Sud non bastano bravura e buona volontà, sono necessari rapporti politici e tangenti e, infatti, anche chi si muove nella sfera “legale” utilizza la corruzione, la truffa allo Stato e la speculazione in borsa. Noi, utilizziamo strumenti criminali, ma non siamo per questo diversi dagli altri. Molti camorristi sostengono: al salto di qualità e all’omicidio ci ha costretti Cutolo, al commercio della droga il mercato. Ovviamente sono ragionamenti esecrabili e infondati, ma in questa logica rientrano anche i regali alla Chiesa che servono a lavarsi la coscienza dal sangue che i criminali sostengono di essere stati costretti a versare. Non solo: questi regali sono anche una manifestazione di prestigio e, infatti, sotto i quadri di Marano c’è la targhetta con il nome del donatore».


Una sorta di compensazione, dunque?
«Sì, ma fasulla. E, infatti, solitamente questi doni sono respinti e chi li accetta non dovrebbe farlo. Il pentimento vero è quello che si manifesta collaborando con la Giustizia e accettando di cambiare vita».

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