Mesi di lockdown e la colonnina di mercurio che segna oltre 32 gradi: insomma, i pro sono troppi per i napoletani per dover rinunciare al mare, neppure se quello stesso mare da piazza Nazario Sauro sino a Marechiaro è “non balneabile”.
Ma i balneari - alcuni di loro, almeno - hanno deciso di soprassedere ai divieti e tuffarsi in un’acqua limpida, mentre sarebbe stata legittima solo l’elioterapia. Un mare non affollatissimo a Posilipo, va detto, dove buona parte degli avventori si accontenta di spiaggia e doccia. Situazione completamente diversa a Mappatella Beach strapiena come sempre: «Sono 50 anni che facciamo il bagno qui, non è mai successo niente. Ogni tanto se ne escono con il mare che non è buono: ma se così fosse, saremmo già morti», dice una donna habituè del posto che addirittura sottolinea come proprio il mare di Napoli, «le abbia migliorato la sua psoriasi, e comunque», continuano, «perché qui no e a Nisida sì?».
Insomma, a Mappatella il bagno si fa, e c’è chi usa gli scogli come solito fare e chi si dà alla raccolta di cozze, come nulla fosse insomma. E a dirla tutta, stando alla comunicazione sul luogo, nulla c’è: alla Rotonda Diaz, infatti, non ci sono cartelli o manifesti che avvertano del divieto, anzi, l’unica comunicazione è un cartello (a firma del Comune e dell’Autorità Portuale) che vieta sì il bagno ma per mancanza del servizio di salvataggio e delle mancate segnalazioni dei limiti, non certo per la qualità dell’acqua che, paradossalmente, nel cartello apposto subito sotto è addirittura “Eccellente”.
Tornando zona Posillipo, lo scenario segnaletico cambia ancora: al Bagno Elena del provvedimento si avvisa la clientela all’entrata, che è poi libera di decidere se scendere in spiaggia o fare dietro front, con tanto di bandiera rossa in bella vista. Per Mario Morra, patron dello storico stabilimento il “danno” del provvedimento lampo è presto quantificato: «Abbiamo avuto il 50% di disdette» denuncia Morra che va oltre ed emula il famoso pollo mangiato in diretta tv nel lontano 2006, bevendo acqua di mare a favor di fotocamera, a riprova di quella che, secondo lui, più che un’ordinanza-lampo è stato invece un provvedimento ben (politicamente) gestito: «I rilievi sono stati fatti lunedì, perché hanno aspettato tanto per l’ordinanza? Perché non è stato avvisato il sindaco Luigi De Magistris? Forse perché col G20 in corso sull’ambiente sarebbe stata quanto meno strana una disposizione proprio sul mare di Napoli, dove, magari, il problema è che qualcuno ha aperto gli sversatoi?».
Anche qui, la comunicazione fa acqua da tutte le parti: stando ai titolari degli stabilimenti, dell’ordinanza sono venuti a conoscenza dai giornali e non direttamente, pur essendo i primi interessati. Tanta confusione insomma, soprattutto per gli stranieri che risaliti dall’acqua, ammettono candidamente di non saperne nulla: «Mi sono tuffato pensando che si potesse perché l’acqua è pulita», dice un turista inglese, «Ora che lo so, mi limiterò a godere del panorama». Situazione analoga nel vicino Club Ondina, dove un cartello auto-prodotto comunica il divieto ai clienti: «Abbiamo appreso dell’ordinanza poco prima di aprire», racconta il titolare Carmine Romano, «e abbiamo avvisato i clienti, registrando almeno il 50% in meno di accessi. Qui i clienti non stanno facendo il bagno», continua, «ma di certo la reazione è stata di chiaro malcontento sia per i tempi così rapidi sia perché vedono un’acqua limpida, per cui è difficile sia comprendere la disposizione sia non aver voglia di tuffarsi».
Ora si aspettano le nuove rilevazioni dell’Arpac, sollecitate, tra gli altri, anche dal Sindacato Italiano Balneari, come sottolinea il vicepresidente Salvatore Trinchillo: «Abbiamo già inviato solleciti ma le ordinanze vanno rispettate. All’Arpac abbiamo però chiesto di spiegare bene i criteri». Ancora un problema di comunicazione, quindi: «Questa è un’ordinanza di emergenza, che blocca la balneazione nell’immediato», spiega il numero due del SIB, «poi sono necessarie nuove rilevazioni che possono confermare o meno lo stato delle acque».
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