Maria Licciardi, la madre della camorra che ispirò Chanel di Gomorra: il business dei giubbotti falsi e il chiodo fisso dei pentiti

Maria Licciardi, la madre della camorra che ispirò Chanel di Gomorra: il business dei giubbotti falsi e il chiodo fisso dei pentiti
di Gigi Di Fiore
Domenica 8 Agosto 2021, 11:00 - Ultimo agg. 15:33
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Piccola di statura, piglio deciso, Maria Licciardi ha oggi 70 anni. Eppure, c'è chi ancora continua a chiamarla «'a piccerella», come si addice alla più piccola dei 4 fratelli del clan camorristico da anni egemone alla Masseria Cardone di Secondigliano.

Quando, nell'agosto del 1994, a 38 anni Gennaro Licciardi, chiamato «la scimmia», morì per una banale setticemia seguita a un intervento chirurgico in carcere, fu Maria a prendere di fatto il posto del fratello. Gennaro era stato feroce killer nella guerra contro i cutoliani, poi a capo del clan dominante nell'area a nord di Napoli. Estorsioni, droga, poi l'affare dei prodotti industriali contraffatti, come i giubbini di marca falsificati, erano sotto il controllo dei Licciardi. Un clan alleato, per un intreccio di matrimoni, con i Mallardo di Giugliano e i Contini del Vasto. La triade Licciardi-Contini-Mallardo fu definita negli anni Novanta del secolo scorso «Alleanza di Secondigliano». Da collaboratore di giustizia, Luigi Giuliano, che definì Maria Licciardi «la madre della camorra», spiegò: «Il mercato dei falsi giubbini era in mano a Pierino e Maria Licciardi, con guadagni notevolissimi e catene di negozi legati all'organizzazione». Assai redditizio era pure il commercio del falsi trapani Bosch anche sul mercato statunitense, che spinse a una riunione, promossa da Antonio «James» Teghemie marito della Licciardi, necessaria a mettere d'accordo i Contini-Licciardi con i Di Lauro. Più dei fratelli Vincenzo e Piero, era Maria a possedere la scaltrezza ferma del capoclan. E mantenne le redini della famiglia e dell'alleanza. «A Secondigliano e zone limitrofe per tutta la periferia nord i cantieri, che erano le fonti di guadagno più cospicue con la droga, erano in mano ai Licciardi e ai Lo Russo» dichiarò il pentito Costantino Sarno.

E proprio quando esplose la stagione dei pentiti, Maria Licciardi cercò di bloccarli offrendo denaro e organizzando riunioni. A Costantino Sarno furono promessi 300 milioni; in più incontri con Celeste Giuliano la Licciardi tentò di frenare le collaborazioni con la giustizia dei fratelli boss di Forcella.

Con Piero e Vincenzo in carcere, la guida continua del clan Licciardi rimase Maria. E anche a lei si sono ispirati gli sceneggiatori della fiction «Gomorra» per il personaggio di «Scianel». 

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È stata una delle poche donne detenute al regime del 41-bis. Il carcere duro. Latitante, fu presa dopo essere sfuggita 7 volte alla cattura. Ha scontato 8 anni per associazione camorristica, a Rebibbia e poi all'Aquila. Qui fu trasferita per «esigenze di socialità», fare compagnia nelle ore d'aria alla brigatista Nadia Desdemona Lioce. È riuscita a superare l'esperienza carceraria senza cedimenti. E, nella storia della camorra napoletana del secondo dopoguerra, Maria Licciardi resta una delle poche donne capoclan insieme con le figure passate di Pupetta Maresca e Rosetta Cutolo.

Dal carcere è uscita nel dicembre del 2009, cercando di tenere da allora un profilo basso nella gestione dei grandi profitti del riciclaggio. A nord di Napoli, i riflettori si erano accesi su Scampia, il clan Di Lauro, la guerra per il controllo della droga. E l'area di Masseria Cardone, tradizionale zona d'influenza dei Licciardi, rimase defilata. Ma due anni fa, c'era Maria Licciardi nell'inchiesta su 214 persone con 126 arresti. Evitò il carcere per una «soffiata», poi il suo avvocato riuscì a vincere il ricorso al tribunale del Riesame. Scrissero due anni fa i giudici: «Dalle intercettazioni non emerge un ruolo attivo della donna all'interno della Alleanza, anzi, non si comprende in che cosa consista il suo apporto o il suo contributo alla stessa». 

Mai far mancare il sostegno a detenuti affiliati, evitando che finiscano per collaborare con la giustizia: un credo che Maria Licciardi ha sempre rispettato, assicurando stipendi mensili alle famiglie di chi è in carcere. La gestione dei guadagni accumulati negli anni è stata incrementata da investimenti nel settore immobiliare con acquisti di case prese all'asta. E poi, a anticipare inchieste, grande attenzione a microspie, con continue bonifiche e controlli di ambienti. Secondo il pentito Luigi Misso, la Licciardi avrebbe dato il via libera a decine di omicidi. Ma non esistono riscontri. 

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