«Paciolla, tracce cancellate»:
indagati quattro poliziotti, ecco chi sono

«Paciolla, tracce cancellate»: indagati quattro poliziotti, ecco chi sono
di Maria Pirro
Lunedì 3 Agosto 2020, 09:20 - Ultimo agg. 10:49
4 Minuti di Lettura

Ci sono quattro indagati per le tracce cancellate nella casa in cui è stato trovato morto Mario Paciolla, il 33enne napoletano del rione Alto e cooperante delle Nazioni Unite in Colombia. Sono tutti poliziotti della stessa sezione, il Sijin: stando a quanto riporta il quotidiano El Expectador, nei loro confronti si potrebbe configurare, di fatto, il reato di «ostruzione della giustizia». Per «negligenza». Perché «ai componenti della Missione di Verifica delle Nazioni Unite hanno permesso di raccogliere gli oggetti personali del volontario e di alterare il luogo» in cui è stato rinvenuto il corpo senza vita, anche se si era inizialmente ipotizzato si trattasse di suicidio. Agli atti si fa riferimento proprio a un articolo pubblicato il giorno precedente sul giornale colombiano che ha segnalato la pulizia delle stanze avvenuta all'indomani della tragedia, il 16 luglio, e alla rapida restituzione dell'appartamento situato a San Vicente del Caguán, 600 e più chilometri da Bogotà. Dunque, si tratta di un procedimento nella fase preliminare: le parti in causa nei prossimi passaggi avranno modo di chiarire la loro posizione. 

I NODI
Nel primo articolo Claudia Julieta Duque, giornalista amica di Paciolla che, proprio per questo, ha subito respinto l'ipotesi che il giovane si fosse suicidato, precisa che «gli oggetti del volontario sono stati raccolti da una squadra dell'Unità investigazioni speciali (Siu) del Dipartimento di Salvaguardia e Sicurezza delle Nazioni Unite, il 16 luglio, dunque un giorno dopo la sua morte, senza la presenza della Procura generale della Colombia o di funzionari della polizia giudiziaria colombiana». Nell'articolo successivo, la cronista segnala che, nell'inventario degli oggetti inviato alla famiglia di Paciolla in Italia risultano oltre otto milioni di pesos (1.820 euro), carte di credito, documenti e passaporto, una macchina fotografica, diari, quaderni, materiale informatico, varie agende, ricevute e diverse fotografie stampate. La giornalista di El Espectador scrive poi che all'autopsia ha partecipato anche il capo della Missione medica locale delle Nazioni Unite, Jaime Hernán Pedraza Liévano, «non un esperto» nel campo forense. E incalza il capo della Missione di Verifica, Carlos Ruiz Massieu, che non ha risposto a sette sue domande. Non chiarite, al momento, anche le circostanze sulla telefonata del cooperante al responsabile della sicurezza a San Vicente del Caguán, Christian Leonardo Thompson Garzn, avvenuta il 14 luglio alle dieci di sera (secondo la ricostruzione giornalistica), cioè poche ore prima della tragedia. E, anche per questo, la Procura colombiana ha disposto una serie di verifiche. 

LEGGI ANCHE Paciolla, la polizia colombiana finisce sotto inchiesta: quattro agenti accusati di ostruzione alla giustizia

LE REAZIONI
La versione ufficiale non sembra convincere nemmeno le autorità italiane. Nell'intervista al Mattino, lo ha detto chiaramente il ministro degli Affari Esteri, Luigi di Maio, che ha rilanciato i sospetti della famiglia, ha spiegato di volere dalle Nazioni Unite «massima trasparenza non solo nelle informazioni, ma anche nell'indagine aperta internamente» e ha annunciato che sta valutando l'ipotesi dell'invio di «personale dedicato in Colombia per un'indagine-ispezione». In una telefonata con il ministro degli Affari Esteri in Colombia, Di Maio ha ribadito «l'estrema importanza di questa vicenda» per l'Italia. Gli fa eco il senatore Sandro Ruotolo: «Se è vero quanto riportato dal quotidiano colombiano, la risposta del governo italiano deve essere immediata e netta». E aggiunge: «Al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, bisogna chiedere di mettere subito a disposizione della magistratura italiana e di quella colombiana tutti gli elementi utili per fare chiarezza sulla morte di Mario Paciolla. Nessun muro di gomma dovrà opporsi alla verità».