Napoli, il bilancio dell'arma: «Meno omicidi, clan come imprese»

Napoli, il bilancio dell'arma: «Meno omicidi, clan come imprese»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 29 Dicembre 2018, 13:06
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Meno omicidi, meno reati predatori, clima di sinergia tra le forze dell'ordine. È il bilancio del 2018 tracciato ieri mattina dal colonnello Ubaldo Del Monaco, da tre anni a capo del comando provinciale dell'Arma, nel tradizionale saluto di fine anno. Non si nasconde dietro ai numeri, né offre spot riduttivi sulla criminalità napoletana, ma prova a fare il punto del lavoro messo in campo dai propri uomini, in un clima di collaborazione con le altre forze di polizia sul territorio e sotto lo stretto coordinamento dell'autorità giudiziaria. Dunque, meno morti, meno scippi e rapine, in un anno destinato ad essere ricordato anche per gli episodi da far west, le cosiddette «stese» consumate sia al centro che in periferia.

I NUMERI
Spiega il comandante Del Monaco: «Quest'anno abbiamo confermato alcuni trend in positivo: nel 2017 sono stati 31 gli omicidi, nel 2018 siamo scesi a 19 omicidi, di cui sei di camorra. Ovviamente il nostro sforzo punta ad abbattere ulteriormente questi dati, nel corso del 2019». Ma non è la fine della camorra, come avverte il comandante, anche di fronte alla capacità del crimine organizzato di presentarsi sotto altre facce: «La camorra è anche un insieme di imprese flessibili, che provano ad imporre le proprie regole ed è anche contro questo regime delinquenziale che abbiamo il dovere di lavorare», ha chiarito. Un'analisi che conferma quanto emerso negli ultimi anni dalle indagini della Procura di Napoli guidata dal procuratore Gianni Melillo: non esistono solo le «paranze» di giovanissimi, non ci sono solo i protagonisti di azioni fulminee e violente come le «stese», ma anche clan capaci di allestire imprese criminali e condizionare la vita democratica. Un riferimento implicito ai clan un tempo legati alla cosiddetta alleanza di Secondigliano, con le loro ramificazioni che dall'hinterland arrivano fino al centro cittadino: dai Mallardo e ai Licciardi, passando per i Bosti-Contini, per non parlare poi delle cosche storicamente radicate nella zona di Afragola o di Torre Annunziata. Scenario complesso, in un anno che ha fatto registrare un trend negativo su tutti, a proposito della presenza di minori in azioni predatorie, in attività criminali solo apparentemente di bassa intensità. Ma come risponde il comandante provinciale dei carabinieri di fronte al fenomeno delle babygang? «Ci sono stati degli episodi gravi, inutile negarlo, ma è anche vero che li abbiamo risolti in tempo reale e abbiamo assicurato alle istituzioni i protagonisti di fatti di cronaca nera». E il pensiero va al caso di Arturo Puoti, lo studente ferito dal branco in via Foria a dicembre del 2017, ma anche all'omicidio del vigilante Franco Della Corte o ai dieci vigliacchi che hanno spappolato la milza a uno studente minorenne. Storie metropolitane su cui il comandante ha le idee chiare: «La risposta in chiave investigativa è stata immediata ed efficace, forse però i problemi legati al fenomeno delle babygang vanno ricondotti a questioni sociali di più ampio respiro, insomma non dipendono solo da arresti e condanne».

VIDEOCAMERE
Altro punto controverso è la videosorveglianza. Da sempre promesse come la soluzione numero uno, le videocamere sono presenti solo in alcune parti della città e non sempre sono in grado di immagazzinare dati a lungo tempo. Spiega il comandante: «Se ci sono e funzionano rappresentano uno strumento formidabile nella lotta al crimine, ma è chiaro che la ramificazione della videosorveglianza a Napoli dipende da scelte e investimenti ministeriali. Poche settimane fa, abbiamo arrestato due soggetti armati che avevano gettato la pistola nei pressi del teatro San Carlo grazie alle immagini ricavate dagli impianti di videosorveglianza».
Ma qual è il rapporto tra i napoletani e i carabinieri? «Prima di Natale, una donna anziana ha chiamato la centrale operativa. Era sola, a Natale, ed è grazie alla bravura di un nostro operatore, che siamo riusciti ad avere un ruolo nella vita di una persona sola. Anche questo è il nostro lavoro, essere di prossimità, essere vicini a un cittadino anche quando non c'è un apparente motivo di pericolo».
 
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