Messico, scomparsi tre napoletani: da diciotto giorni nessuna notizia. L'ultimo messaggio: c'è la polizia

Messico, scomparsi tre napoletani: da diciotto giorni nessuna notizia. L'ultimo messaggio: c'è la polizia
di Giuseppe Crimaldi
Venerdì 16 Febbraio 2018, 22:57 - Ultimo agg. 17 Febbraio, 18:50
4 Minuti di Lettura

Le ultime notizie risalgono a 18 giorni fa. Era il 31 gennaio quando Raffaele Russo - 60 anni, napoletano che da anni lavora vendendo generatori elettrici in Messico - è uscito dall’albergo «Fuerte Real» di Ciudad de Guzman senza farvi più ritorno. Preoccupati dalla sua assenza, dopo sei il figlio Antonio, 25 anni, e il nipote Vincenzo Cimmino hanno deciso di mettersi sulle sue tracce. E anche di loro si sono perse le tracce. Risucchiati in un buco nero.
 


Dopo oltre due settimane di silenzio, i familiari dei tre - tutti residenti nella zona tra piazza Mercato e via Marina - hanno deciso di uscire allo scoperto lanciando appelli sui social: «Aiutateci a ritrovarli. Lanciamo un appello a tutti, a cominciare dalle autorità diplomatiche italiane in Messico: ogni ora che passa accresce la nostra angoscia - dice al Mattino Daniele, il figlio 20enne di Raffaele Russo - Anch’io mi trovavo lì quando papà è sparito, con un altro mio fratello: da quel giorno abbiamo fatto di tutto, siamo stati sia dalla polizia che negli uffici della Fiscalia, la procura locale, senza mai ottenere risposte. A questo punto siamo veramente molto preoccupati».

Un’idea angosciante perseguita le famiglie dei tre: temono si tratti di un sequestro di persona.
 
La regione di Jalisco è una di quelle in cui si registrano quotidianamente fatti di inaudita violenza, e nella quale si concentrano alcune tra le più temibili «famiglie» di criminali e trafficanti di stupefacenti. In molte zone del Messico la vita, si sa, vale meno di zero. «Noi siamo venditori ambulanti, “magliari” - spiega ancora Daniele Russo - e con certi traffici non abbiamo mai avuto a che fare. Vendiamo generatori elettrici cinesi: si guadagna bene, e mai avevamo avuto problemi laggiù». E allora, che cosa può essere successo? Com’è possibile che di Raffaele, Antonio e Vincenzo non si sappia più nulla? 

C’è una traccia importante in questa oscura vicenda. Affidata a tre messaggi vocali inviati ai due familiari che attendevano notizie in albergo via whatsapp nel pomeriggio del 31 gennaio proprio da Vincenzo Cimmino e dal cugino Antonio Russo. «Daniè - e si riconosce la voce del fratello Antonio - stavamo facendo rifornimento di benzina quando ci hanno fermato i poliziotti. Due motociclette e una macchina. Ci hanno intimato di seguirli». A strettissimo giro arrivano altri due messaggi vocali: «Stiamo seguendo i “guardi”». «Davanti a noi c’è un agente in motocicletta, e dietro abbiamo un’altra pattuglia». È l’ultimo messaggio. Non ce ne saranno altri: perché da quel momento è come se la luce si fosse spenta intorno ai tre napoletani.

Verranno dopo ore ritrovate, grazie al sistema satellitare Gps, anche le macchine sulle quali viaggiavano Raffaele e i due ragazzi: due Honda CRV bianche noleggiate qualche giorno prima all’aeroporto di Città del Messico. Particolare inquietante: le vetture sembravano affiancate, erano una accanto all’altra lungo una strada deserta all’altezza di Tecolitlan, tra Guadalajara e Ciudad de Guzman.
A questo punto la vicenda si complica maledettamente, alimentando interrogativi e sospetti. Che fine hanno fatto padre, figlio e nipote? Raffaele Russo conosceva bene quella zona per averci lavorato già molto tempo, in passato. E poi era un uomo di esperienza. «Abbiamo continuato a comporre i numeri di papà, di mio fratello e di mio cugino - spiega Daniele Russo - trovandoli sempre spenti. Erano cellulari con numeri messicani. A quel punto siamo usciti anche noi cominciando a girare in lungo e in largo la zona per chiedere alla gente se avessero visto los italianos. Ma nessuno ci è stato d’aiuto. Poi, alla fine, la polizia ci ha confermato di aver fermato mio fratello e mio cugino. Dopodiché, più nulla». 

Così scatta l’allarme che raggiunge prima il consolato e poi l’ambasciata italiana a Città del Messico. Ad interessarsi del caso in prima persona è lo stesso console Paolo Epifani. Ieri abbiamo provato a raggiungerlo telefonicamente, senza esito. Ma dalla sede diplomatica della capitale messicana il funzionario del ministero degli Esteri ha confermato che «sulla vicenda si lavora con la massima attenzione».

«Erano anni che frequentavamo quella zona del Messico - conferma anche il nipote di Raffaele Russo, Gennaro Esposito - Ci sono tanti napoletani che lavorano in Centro America vendendo i generatori elettrici.
Io stesso ci sono stato, dopo avere deciso di abbandonare subito l’Ecuador perché troppo pericoloso». Tanti gli interrogativi che attendono risposta. Due su tutti: è vero che la polizia ha intercettato e «preso in carico» i due giovani? E poi? Perché ai familiari non sono state date più notizie?

© RIPRODUZIONE RISERVATA