Minorenne ucciso a Napoli, il militare indagato: «Ma ho urlato subito: sono un carabiniere»

Minorenne ucciso a Napoli, il militare indagato: «Ma ho urlato subito: sono un carabiniere»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 2 Marzo 2020, 08:00 - Ultimo agg. 12:28
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Appuntato dei carabinieri in licenza a Napoli, in vena di trascorrere una serata di relax nei pressi del Lungomare. Era con la fidanzata e ha avuto paura per lei, quando ha visto quelle due sagome scure che gli si sono avvicinate all'auto. Si legge in un comunicato stampa che il carabiniere si è qualificato, che ha urlato di essere un esponente dell'Arma, prima di provare a difendere l'orologio e di dare inizio a un'azione culminata nella morte di un ragazzino di soli 15 anni. Eccolo il carabiniere indagato. Ha risposto alle domande del pm Simone de Roxas nel corso della primissima fase investigativa, accudito dal proprio legale di fiducia. Gran parte degli elementi raccolti in questa storia dipendono dalla sua versione dei fatti, che ovviamente dovrà essere verificata alla luce di autopsia e di possibili immagini dell'agguato.
 

 

È trascorsa mezzora dopo la mezzanotte di sabato, in via Orsini, a pochi passi da via Santa Lucia e dal Lungomare. Il militare è alla guida della propria Mercedes, quando viene notato da due rapinatori minorenni. I due hanno un'arma giocattolo, ma senza il tappetto rosso. Ad entrare in azione è il 15enne, il più piccolo dei due. Ed è in questo scenario che entra in gioco un ragionamento, quello dello scarrellamento della pistola. Una versione da verificare, destinata a risultare decisiva: il rumore metallico della pistola da parte del 15enne potrebbe aver spinto il carabiniere a fare fuoco. Prima una manovra, come per fermare l'auto, poi l'arma puntata che fa fuoco tre volte. A ripetizione. E sono anche le parole offerte dal criminale ad improntare la versione offerta alla stampa: aveva lo scaldacollo nero, il casco integrale, il volto travisato. Era impossibile riconoscere la sagoma di un ragazzino, anche perché l'aggressione è avvenuta di notte, in una manciata di secondi. Ora il fascicolo è sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Rosa Volpe, che guida le indagini di criminalità predatoria. Un militare indagato, l'inchiesta che oscilla tra il reato colposo e quello doloso: da un lato, l'ipotesi di eccesso colposo di legittima difesa; dall'altro la possibilità che gli inquirenti si convincano a iscrivere il fascicolo per omicidio volontario. Al momento ci sono le dichiarazioni rese dal 17enne, finito ieri agli arresti su ordine della Procura dei minori.
 

Difeso dal penalista Mario Bruno, il complice sostiene di essere scappato per spavento, lasciando a terra il proprio amico, nel timore di essere colpito. Poi c'è un altro dato da tenere in considerazione. E riguarda quanto avvenuto intorno alle quattro di domenica mattina, quando due soggetti - tra i 17 e i 18 anni - si fanno vivi all'esterno della caserma Pastrengo. Sparano dei colpi, ad altezza d'uomo, dall'esterno all'interno della caserma. Non era mai accaduto. Una scena terroristica, animata dalla rabbia contro un carabiniere indicato come responsabile della morte del 15enne: indagini sul clan Saltalamacchia della Pignasecca.

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