Minorenne ucciso a Napoli, la rapina al carabiniere per la serata in discoteca

Minorenne ucciso a Napoli, la rapina al carabiniere per la serata in discoteca
di Leandro Del Gaudio
Martedì 3 Marzo 2020, 07:30 - Ultimo agg. 14:39
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Avevano bisogno di soldi per entrare in discoteca. Era già passata la mezzanotte e bisognava fare presto, per non perdere il meglio di una nottata come tante, tra violenza, paura e soldi facili. Eccoli i due soci, i due complici, prima di inciampare nella reazione di un carabiniere in servizio, prima di incrociare un militare in borghese che non esita ad estrarre l'arma e sparare. È il retroscena della rapina mortale di via Orsini, secondo quanto ha raccontato in queste ore il 17enne F.D.C., ritenuto responsabile di concorso in tentata rapina e di ricettazione della targa del mezzo usato, che questa mattina sarà dinanzi al gip dei Minori per la convalida del fermo. Ha già confessato al pm, ha già raccontato la sua parte di verità, in una storia che procede ad incastro, che punta ad acquisire tutti i tasselli per ricomporre la scena del delitto. Ma partiamo proprio dall'interrogatorio del 17enne. Cosa ha raccontato il complice di Ugo Russo? Come ha giustificato quel tentativo di rapinare quel ragazzo di poco più grande di lui? Interrogato dal pm Francesco Cerullo, il F.D.C. non ha avuto remore a raccontare la propria vita strafottente e spericolata «in mezzo a una strada e lontano da scuola». Dice il 17enne: «Quella notte avevamo bisogno di soldi per andare a ballare, volevamo andare in discoteca, ci serviva denaro. Abbiamo notato una macchina bella, l'abbiamo seguita, poi il mio complice è sceso dallo scooter che guidavo e si è avvicinato al militare...». Il resto della sua versione va confrontato con le testimonianze rese fino a questo momento, ma anche e soprattutto con gli esiti di autopsia e indagini balistiche. Ventiquattro ore dopo il delitto, la Procura di Napoli usa il bisturi. Al momento, il carabiniere è indagato per omicidio volontario. Si tratta di una ipotesi di massima, bene chiarirlo, che consente ai pm di tenere aperto un fascicolo e di dare corso a tutti i passaggi istruttori del caso. Un'ipotesi che attende riscontri concreti, verifiche oggettive, in uno scenario che potrebbe anche cambiare, tanto da spingere gli inquirenti a ragionare su un delitto provocato da eccesso colposo di legittima difesa. Inchiesta condotta dal pm Simone De Roxas, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Rosa Volpe, il carabiniere indagato si mostra fiducioso verso il lavoro dell'autorità giudiziaria. Difeso dal penalista Enrico Capone, il militare ha fornito piena collaborazione nell'inchiesta condotta dai colleghi, dicendosi fortemente addolorato per la morte del ragazzino. Ma anche determinato a difendere il comportamento «professionalmente corretto» assunto nel corso della rapina subita. Stando alla versione fornita agli inquirenti, il militare sostiene di essersi qualificato come carabiniere, ma anche di aver agito di fronte alla sagoma di una persona dal volto completamente travisato da un casco integrale e da uno scaldacollo nero, pronta - almeno nell'apparenza - a fare fuoco dopo aver scarrellato. Non poteva sapere - ha spiegato - che la pistola fosse una replica, dal momento che era priva del tappetto rosso delle cosiddette scacciacani. Ma torniamo al racconto reso dal 17enne. Difeso dal penalista Mario Bruno, il minore ha ammesso l'accusa di tentata rapina in concorso con il 15enne ammazzato. Ha negato di aver fatto altri colpi, prima di adocchiare il carabiniere. Ed è questo un altro punto controverso dell'indagine, anche alla luce di quanto spuntato dalla tasca dei pantaloni del ragazzino.
 


Stando a quanto emerso, Ugo Russo aveva un Rolex e una collanina d'oro all'interno della tasca, un bottino di un'altra rapina (o di una ricettazione) su cui sono in corso le indagini.

Ma cosa ha spinto gli inquirenti a fermare il 17enne? C'è il rischio di inquinamento probatorio, ma anche il pericolo di fuga, alla luce della condotta dell'indagato la mattina dopo la morte del socio. Si sarebbe allontanato dalla nonna, dopo un primo interrogatorio-confessione reso ai carabinieri. E per una buona parte di domenica mattina, almeno fino alle 13, il 17enne è stato protetto dal comportamento elusivo dei parenti. Hanno cercato di proteggerlo, di tenerlo al riparo da nuove indagini, dopo aver fornito una primissima confessione in merito alla rapina in cui era rimasto vittima l'amico. Oggi l'interrogatorio di convalida dinanzi al gip, che prenderà le mosse dalla sua presentazione: «Sono iscritto a scuola, ma non frequento. Passo tutto il mio tempo in strada, tra i Quartieri e il Pallonetto, abbiamo fatto una rapina, perché ci servivano i soldi per andare a ballare». 

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