Si sforzano di non ridere, mentre c’è chi fa l’appello. Non sono seduti in classe, all’interno di una scuola, ma sono in strada. E quelli che vengono vibrati non sono i loro nomi. Ma sono le generalità di sanguinari boss mafiosi. Strana storia a vedere l’ennesimo video che riguarda alcuni minori napoletani, un documento postato mesi fa e condiviso di recente tramite i profili social, tra cui l’ormai immancabile TikTok: al centro della scena, ci sono cinque ragazzini, che simulano un processo di mafia.
C’è una sceneggiatura. Si sente una voce fuori campo che fa l’appello, scandendo i nomi dei mafiosi e le rispettive condanne: Michele Greco, ergastolo; Salvatore Manfellotto, ergastolo; Bernardo Provenzano, ergastolo; Salvatore Riina, ergastolo; Salvatore Madonia, ergastolo...”. Per ogni nome un ragazzino viene prelevato da due coetanei che interpretano il ruolo di agenti di polizia penitenziaria, come se ci trovassimo nel chiuso di un’aula di giustizia, magari al termine del maxiprocesso ai capi di Cosanostra.
Sul caso indaga la Procura per i minori, ufficio guidato dal procuratore Maria De Luzenberger, anche alla luce delle parentele dei ragazzini finiti al centro delle indagini. Un episodio che conferma il fascino esercitato dalla mafia anche nei confronti di soggetti giovanissimi, nati e cresciuti almeno un paio di decenni dopo gli ergastoli comminati ai capi di cosanostra. Scene destinate ad essere approfondite, all’indomani della cattura di Matteo Messina Denaro, in un Paese che si interroga sul sistema di protezioni assicurato all’ex padrino latitante, ma anche sui silenzi che hanno scandito la grande fuga del boss stragista.
Ma ecco cosa scrivono gli inquirenti, nell’ambito di una nota di pg: «Nel video si assiste alla presenza di due ragazzi incappucciati che prelevano uno a uno altri giovani attori che fanno la parte dei capi della mafia, dopo una condanna all’ergastolo, per essere condotti in cella». C’è una musica in sottofondo, che evoca suggestioni degne di don Vito Corleone, mentre sfilano gli attori tradotti dagli incappucciati all’esterno della scena, in un contesto in cui viene meno ogni possibile lettura goliardica.
Al lavoro i pm minorili, si scopre che tutti i soggetti interessati sono appartenenti a famiglie legate a clan cittadini. Droga, estorsioni, omicidi.