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Minorenni napoletani si fingono boss stragisti: «Adesione alla Cupola sui social»

Esponenti di famiglie di camorra hanno simulato fasi del maxiprocesso ai capi di Cosanostra

Un frame del video virale
Un frame del video virale
di Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 26 Gennaio 2023, 23:00 - Ultimo agg. : 27 Gennaio, 20:33
3 Minuti di Lettura

Si sforzano di non ridere, mentre c’è chi fa l’appello. Non sono seduti in classe, all’interno di una scuola, ma sono in strada. E quelli che vengono vibrati non sono i loro nomi. Ma sono le generalità di sanguinari boss mafiosi. Strana storia a vedere l’ennesimo video che riguarda alcuni minori napoletani, un documento postato mesi fa e condiviso di recente tramite i profili social, tra cui l’ormai immancabile TikTok: al centro della scena, ci sono cinque ragazzini, che simulano un processo di mafia.

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C’è una sceneggiatura. Si sente una voce fuori campo che fa l’appello, scandendo i nomi dei mafiosi e le rispettive condanne: Michele Greco, ergastolo; Salvatore Manfellotto, ergastolo; Bernardo Provenzano, ergastolo; Salvatore Riina, ergastolo; Salvatore Madonia, ergastolo...”. Per ogni nome un ragazzino viene prelevato da due coetanei che interpretano il ruolo di agenti di polizia penitenziaria, come se ci trovassimo nel chiuso di un’aula di giustizia, magari al termine del maxiprocesso ai capi di Cosanostra.

Sul caso indaga la Procura per i minori, ufficio guidato dal procuratore Maria De Luzenberger, anche alla luce delle parentele dei ragazzini finiti al centro delle indagini. Un episodio che conferma il fascino esercitato dalla mafia anche nei confronti di soggetti giovanissimi, nati e cresciuti almeno un paio di decenni dopo gli ergastoli comminati ai capi di cosanostra. Scene destinate ad essere approfondite, all’indomani della cattura di Matteo Messina Denaro, in un Paese che si interroga sul sistema di protezioni assicurato all’ex padrino latitante, ma anche sui silenzi che hanno scandito la grande fuga del boss stragista.

 

Ma ecco cosa scrivono gli inquirenti, nell’ambito di una nota di pg: «Nel video si assiste alla presenza di due ragazzi incappucciati che prelevano uno a uno altri giovani attori che fanno la parte dei capi della mafia, dopo una condanna all’ergastolo, per essere condotti in cella». C’è una musica in sottofondo, che evoca suggestioni degne di don Vito Corleone, mentre sfilano gli attori tradotti dagli incappucciati all’esterno della scena, in un contesto in cui viene meno ogni possibile lettura goliardica.

Al lavoro i pm minorili, si scopre che tutti i soggetti interessati sono appartenenti a famiglie legate a clan cittadini. Droga, estorsioni, omicidi. Quanto basta a spingere gli inquirenti a compiere verifiche che vanno dai social alla vita reale, in una sorta di rimando destinato a nuovi approfondimenti. A scavare nelle vite dei cinque o sette ragazzini (compresi i due incappucciati) vengono fuori altre imprese, sempre degne di essere analizzate da parte degli inquirenti: hanno postato video mentre sono al volante di automobili che non potrebbero condurre, perché parliamo di veicoli non omologati per chi non ha ancora conseguito la patente; usano toni e riferimenti minacciosi nei confronti di fantomatici avversari da abbattere. Doveroso a questo punto un altro tipo di approfondimento: l’obiettivo è infatti capire se ci fosse la presenza di soggetti adulti in fase di montaggio. Di chi è la voce che scandisce le pene all’ergastolo comminate ai rispettivi imputati? E come mai dei ragazzini di appena 15 anni conoscono nomi che sono affidati agli annali della cronaca giudiziaria degli anni ottanta e novanta del secolo scorso? Domande su cui si attendono risposte, anche solo per evidenziare il caso degli attori ergastolani all’attenzione degli assistenti sociali.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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