Morti inghiottiti dalla Solfatara: «Ascoltiamo Alessio, potrebbe dimenticare»

Morti inghiottiti dalla Solfatara: «Ascoltiamo Alessio, potrebbe dimenticare»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 16 Maggio 2018, 07:15 - Ultimo agg. 08:31
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Vogliono ascoltare l'unico testimone della tragedia familiare che si è consumata nella Solfatara di Pozzuoli. Nei prossimi giorni, il gip del Tribunale di Napoli fisserà l'incidente probatorio per acquisire la testimonianza del piccolo Alessio Carrer, il bambino di otto anni che ha assistito alla morte del fratellino Lorenzo (aveva 13 anni), del padre Massimiliano e della mamma Tiziana Zaramella.

Una mossa della Procura di Napoli, su richiesta dei legali del piccolo sopravvissuto, che punta a congelare la testimonianza di Alessio in vista di una probabile richiesta di processo. Era il 12 settembre del 2017, quando i tre turisti furono ingoiati da una voragine provocata dai pesanti acquazzoni che colpirono Napoli. Ora la Procura chiede di acquisire la versione del bambino nel contraddittorio tra le parti e dinanzi a un giudice: c'è il rischio che scattino meccanismi di rimozione in una fase di crescita così delicata. Scrivono oggi gli inquirenti: «Vi è il fondato motivo di ritenere che il minore Alessio Carrer possa non mantenere vivo il ricordo di quanto accaduto, alla luce del percorso terapeutico intrapreso, per il quale il minore si troverebbe nell'impossibilità di rendere una proficua deposizione dibattimentale anche in considerazione del fatto che trattasi di un soggetto, testimone della morte tragica di genitori e del fratello, versante in condizioni di particolare vulnerabilità».
 
Inchiesta firmata dai pm Frasca e Giuliano, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio, che ruota al momento attorno agli esiti di consulenze tecniche della Procura. Indagine per omicidio plurimo colposo (accusa estesa a tutti i soci della srl che gestisce la Solfatara), resta centrale la questione sicurezza. Siamo in un'area attraversata ogni anno da centinaia di migliaia di visitatori, senza contare guide e impiegati quotidianamente al lavoro nel Vulcano. E sono sempre gli inquirenti, nel corso della richiesta di incidente probatorio, a stigmatizzare un episodio accaduto nel 2014, tre anni prima della tragedia che ha colpito la famiglia di turisti veneti. Stando ai magistrati napoletani, nel 2014 si era aperta una voragine molto simile a quella del 2017, nella stessa zona in cui si è consumata la tragedia. Un evento simile, «senza che alcuna misura di protezione, recinzione e studio specifico venisse poi adottato». E anche quando non erano le piogge a provocare voragini, ma fattori «endogeni» tipici di un vulcano attivo, non sarebbero scattate misure di protezione adeguate: «In assenza di alcuna verifica e studio da parte di specialisti geologi e vulcanologi, la voragine veniva semplicemente colmata con il materiale prelevato dal sito stesso da cui si scavava per riempire i vuoti di volta in volta creatisi». Diversa però su questo punto la posizione dei soci della Solfatara, che rimarcano un concetto: nessuno ha mai avuto conoscenza della voragine del 2014, che fortunatamente non provocò alcun danno a persone o cose. Insomma, non scattarono risposte in materia di sicurezza perché l'evento del 2014 non venne segnalato. Ora si attende la testimonianza del piccolo Alessio, in una vicenda che merita altre precisazioni: per decenni nessun incidente si è mai verificato nella zona della Solfatara, anche grazie alla massima attenzione di tutti i responsabili della Solfatara; dopo la tragedia del settembre 2017, i responsabili della società che gestisce il sito hanno manifestato massima sensibilità per il dolore toccato al piccolo Alessio, tanto da dirsi disponibili ad avanzare una richiesta di risarcimento. Versioni e accertamenti che ora attendono al valutazione di un giudice.
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