Movida a Napoli oltre il coprifuoco, il generale La Gala: «Giovani poco responsabili, così controlli più difficili»

Movida a Napoli oltre il coprifuoco, il generale La Gala: «Giovani poco responsabili, così controlli più difficili»
di Valentino Di Giacomo
Lunedì 10 Maggio 2021, 10:30 - Ultimo agg. 11 Maggio, 08:12
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«I ragazzi devono capire che quando chiediamo di non assembrarsi lo facciamo per il loro bene, non per fare delle imposizioni. Le forze dell'ordine non vanno nelle strade per il piacere di dare sanzioni, ma perché gesti scellerati possono compromettere la salute di tutti». Canio Giuseppe La Gala, comandante provinciale dei carabinieri, vuole parlare più da buon padre di famiglia che da Generale dell'Arma. Reprimere, ma soprattutto prevenire anche attraverso il dialogo i comportamenti irresponsabili a cui stiamo assistendo in questi giorni soprattutto da parte dei più giovani. 

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Generale, non crede sia passato il concetto che siamo al liberi tutti?
«È rischioso pensare che l'allentamento delle misure di contenimento equivalga a questo.

L'appello alla coscienza deve essere sempre attuale. Le scene di assembramento, che talvolta si vedono in televisione, devono far riflettere sull'importanza dell'auto-regolamentazione».

Immagino sia diventato anche più complesso reprimere certi comportamenti con le regole attuali. Era più facile un anno fa con il dentro o fuori?
«La nostra azione di contrasto diventa sempre più complessa e per questo va valutata in tempo reale, comprendendo pure le variabili di contesto che si presentano di volta in volta. È rischioso agire ciecamente con il solo scopo di reprimere o solo per aumentare il numero delle sanzioni: quella deve essere l'ultima spiaggia. La folla, se stretta nella morsa dei controlli, può favorire la paura, l'incoscienza e magari sfociare in seri problemi per l'ordine pubblico».

Sabato sera c'è stato il delirio al centro storico. Troppa irresponsabilità?
«Durante i controlli che abbiamo intensificato come richiesto dal prefetto, un carabiniere ha chiesto ad una ragazzina 14enne, proprio come un fratello maggiore, il motivo per cui non avesse indossato la mascherina. Lei gli ha risposto che se l'avesse indossata sarebbe andato via il rossetto che aveva sulle labbra. E a quel punto il carabiniere le ha replicato: ma tu preferisci che non vada via il rossetto e che invece, portando il coronavirus a casa, vada via uno dei tuoi familiari? Quello che si chiede è per il loro bene, dei loro familiari e per uscire il prima possibile da questo periodo pandemico. É difficile farlo capire anche perché, come avvenuta l'altra notte, spesso questi ragazzi già prima delle 22 sono ubriachi e diventa difficile instaurare un dialogo».

La movida incontrollata, purtroppo, non è solo l'unica emergenza. Sono tornati pure gli accoltellamenti tra giovani: uno al Lungomare e un altro a San Giovanni a Teduccio. Ma perché a Napoli i giovani girano armati?
«Un problema che stiamo riscoprendo di nuovo come avveniva al Vomero fino a qualche tempo fa. Alcuni ragazzi vanno in giro con i coltelli senza capire che già solo per questo rischiano l'arresto con una pena fino a 18 mesi. Qualcuno lo fa per un sorta di status-symbol, altri per difendersi, ma non è questo il modo. Siamo ormai costretti ad utilizzare anche i metal detector nei normali controlli e stiamo intensificando questo metodo».

Si parla molto poco, paradossalmente, della criminalità organizzata. Ha letto le parole del procuratore Melillo sul nostro giornale?
«Il capo della Procura bene ha fatto a lanciare anche un messaggio alla borghesia, perché è fondamentale per tutti non girarsi dall'altra parte. Chi dà la forza alla camorra è l'omertà, il silenzio, quelle persone che vedono e fanno finta di non vedere. Anche la rimozione dei simboli della camorra come altarini e murales fa parte di questa battaglia».

Simboli di emulazione come si è visto con l'altarino di Emanuele Sibillo.
«Stiamo andando nelle scuole, anche con incontri via web, e parlando con i ragazzi non immagina quanti sono dalla nostra parte. Gli studenti sono contenti di veder sparire questi simboli, vedono che anche lo Stato è presente. Ci sono stati studenti che ci hanno raccontato che i loro fratellini, di sette o otto anni, chiedevano loro come era possibile avere un murale per diventare un eroe. Questo fa ben capire la portata di questi interventi».

Un'azione anche culturale quindi?
«L'uniforme deve essere vista come amica. Citando il Comandante Generale dell'Arma Teo Luzi, vogliamo essere gli influencer della fiducia dei giovani verso le Istituzioni. E in tale contesto, è importante che i genitori, gli insegnanti, i magistrati, le forze di polizia, gli assistenti sociali facciano squadra, lavorando in modo sinergico con iniziative formative che abbiano un unico obiettivo: aiutare i ragazzi a crescere sani, a crescere onesti per vivere in una società migliore». 

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