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Il Mattino

Movida a Napoli, l'ira dei residenti: «Il Comune dovrà pagare»

Il Comitato Chiaia Viva e Vivibile annuncia battaglia legale

La movida tra i baretti di Chiaia
La movida tra i baretti di Chiaia
di Gennaro Di Biase
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 5 Giugno 2023, 07:00 - Ultimo agg. : 6 Giugno, 07:49
3 Minuti di Lettura

La sentenza della Cassazione che ha dato torto al Comune di Brescia e ragione a una coppia di residenti che vive nel cuore del by night locale ha riacceso il tema della movida anche a Napoli. I cittadini lombardi chiedevano danni per «le immissioni di rumore» in casa. Dopo il ribaltamento in appello di una prima sentenza favorevole ai residenti, che nel 2017 riconosceva i danni biologici del «rumore antropico», la Corte ha stabilito che un nuovo procedimento debba quantificare la cifra del risarcimento. Il Comune, insomma, dovrà pagare i residenti. E Napoli? Sono già «due i procedimenti analoghi contro Palazzo San Giacomo e riguardano il centro storico». E potrebbe aggiungersene un terzo «da Chiaia, se non verremo ascoltati», annunciano dal Comitato Chiaia Viva e Vivibile.

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La sentenza ha dato energia ai comitati. «L'anno scorso realizzammo delle rilevazioni sui decibel nei nostri appartamenti - dice Caterina Rodinò del comitato Chiaia Viva e Vivibile - I risultati erano abnormi: sforiamo del 70% il limite massimo di rumori consentiti. Dalle 23 in poi il massimo dei decibel permesso è 50. A casa mia durante i rilievi era di 83. Il rumore antropico era più forte di quello della musica dei locali. Quindi la responsabilità era del Comune. Abbiamo cercato un'interlocuzione con l'amministrazione, ma niente. Anche l'Arpac è venuta a fare rilievi e ha trovato lo stesso sforamento di decibel: eravamo intorno agli 80. Se il Comune continuerà a ignorare le nostre richieste, percorreremo la strada della causa civile contro Palazzo San Giacomo. Anche a Milano, nella zona del Lazzaretto, i residenti sono già partiti con un procedimento giudiziario». «A Napoli dal 2018 sono in essere due contenziosi tra Comune e residenti, che riguardano piazza Bellini e San Domenico, e sono identici a quello di Brescia - spiega Gennaro Esposito, avvocato e consigliere comunale - Qui siamo ancora nella fase istruttoria, al contrario di quanto avvenuto al Nord. Il risultato di Brescia è importante, e non è l'unico, in favore dei residenti napoletani che hanno contenziosi in essere e in favore di coloro che vorranno portare avanti per vie legali la battaglia per la vivibilità. I Comuni si adeguino ad adempiere ai loro obblighi di tutela della salute: l'orientamento dei tribunali va in questa direzione». Va detto però che il Comune di Napoli, sette mesi fa, ha già approvato due regolamenti grazie ai quali sono stati chiusi un paio di locali.

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Gli imprenditori si difendono rimarcando l'impossibilità di controllare «ciò che accade su suolo pubblico». «Non è a colpi di sentenze che si risolverà il problema della movida - aggiunge Aldo Maccaroni, delegato alla Notte di Fipe Napoli - I residenti hanno diritto al riposo, i giovani ne hanno al divertimento e gli imprenditori hanno diritto al lavoro. Metterli insieme non è semplice. Il Comune di Napoli si è dotato di un regolamento sulla quiete voluto dagli assessori Armato e De Iesu, con cui abbiamo collaborato, e che disciplina i rapporti tra residenti e gestori. Se si rispettasse quello la situazione sarebbe senza dubbio migliore. Purtroppo le forze dell'ordine non bastano». «Siamo in una situazione paradossale di assenza dello Stato - spiega Filippo Boccoli, gestore di Spritz e 66 a via Bisignano - Le forze dell'ordine disponibili sono poche e finiscono per esercitare controlli specialmente ai danni delle attività sane. C'è una legge nazionale che vieta la somministrazione dell'alcol dopo le 3, e la rispettiamo sempre, anche nei weekend. Purtroppo non possiamo essere responsabili del volume della voce delle persone. Non siamo agenti. Rispettiamo gli impatti acustici, ma quello che accade sulla strada pubblica esce completamente fuori dal raggio della nostra autorità. Perciò è lo Stato a esserne responsabile». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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