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Movida selvaggia a Napoli, la vittoria
dei residenti: Slash da insonorizzare

di Mariagiovanna Capone
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 3 Maggio 2018, 08:34
4 Minuti di Lettura

Finora c'erano state solo ordinanze. Mercoledì invece è arrivata la prima sentenza. Il giudice Barbara Tango della IV Sezione civile del tribunale di Napoli ha accolto le istanze proposte dai residenti Giovanni Citarella e la moglie Rita rappresentati dall'avvocato Gennaro Esposito riguardo immissioni rumorose e risarcimento danni contro il locale «Slash» gestito da Maximilian Narducci. Per il condomino di via Bellini una vittoria importante, in cui viene riconosciuto che la movida fracassona è una realtà e ai cittadini riconosciuto il loro diritto al sonno. Un primo riconoscimento che fa da apripista ad altri interventi simili in altre zone della città, come Chiaia e via Aniello Falcone.

Per capire bene la vicenda dello «Slash» bisogna fare molti passi indietro, tornando al periodo in cui questo locale di circa 400 metri quadrati si chiamava «Rising» e fu denunciato dai coniugi Citarella per disturbo alla quiete pubblica. Poi cambiò molti nomi fino al 2015 quando Maximilian Narducci affitta il locale e inizia l'avventura imprenditoriale dello «Slash». Con un passo falso, per sua stessa ammissione: «Siamo stati consigliati male e pensavamo di avere l'autorizzazione per poter proporre musica». Appena aperti quindi da un controllo amministrativo risultano sprovvisti della licenza adeguata e multati «ma da quel giorno non abbiamo avuto più problemi. Musica dal vivo non la proponiamo».

Cosa propone quindi lo «Slash»? «Eventi culturali principalmente continua Narducci come mostre d'arte, presentazioni di libri, degustazioni. Siamo un bistrot aperto ogni giorno dalle 10 all'una di notte. Ma concerti, partite, dj set no. Siamo per una movida dialogante, proponiamo eventi come Aperilingua o giochi da tavolo. Non siamo molesti ma giovani imprenditori che hanno investito tutti i loro risparmi e il loro futuro in questo progetto. Do lavoro a cinque persone ammette sarò costretto a licenziare qualcuno perché con tutte queste spese non ce la farò. Forse perfino a chiudere. A Napoli l'onestà non paga: vanno avanti quelli che aprono attività illegali». Per Esposito, che è anche presidente del Comitato per la Quiete Pubblica e la Vivibilità cittadina, e i suoi assistiti invece allo «Slash» si fanno «eventi di spettacolo, serate con danza e musica a palla, feste private: tutto non consentito dalla sola licenza A in loro possesso e con rumori molesti che vengono percepiti al piano di sopra perché il locale non è adatto».

Narducci insiste di «aver fatto l'insonorizzazione a norma. Se do mandato a un esperto, pagandolo profumatamente, di risolvere il problema e non lo fa, non posso essere accusato io». «Dice aggiunge Esposito - di aver insonorizzato il locale ma non è vero: così il giudice a distanza di due anni, lo condanna all'insonorizzazione richiesta, denunciandolo alla Procura per inadempienza all'ordinanza. Ma ci sono altri due procedimenti penali nei suoi confronti ossia per stalking e disturbo alla quiete pubblica contro Citarella».

Intanto la sentenza n. 4196/2018 del 30 aprile parla chiaro: lo «Slash» deve essere insonorizzato completamente, emettere suoni di potenza massima di 100 watt, con soli due diffusori di tipo medio utilizzati per sottofondo musicale, non esercitare attivita diversa da quella autorizzata (ha una licenza per sola somministrazione di bevande, quindi non più eventi), e di chiudere entro le 23 fino a quando non completera i lavori.

Se per quanto riguarda il disturbo ricevuto dal club, Citarella è pienamente soddisfatto, lo è meno per i danni: riconosciuti solo quelli morali e non quelli biologici. Narducci dovrà versare a titolo risarcitorio ai Citarella 6.500 euro ciascuno «che divisi nei tre anni sono circa 2.000 euro all'anno, ossia 5 euro al giorno. Su una questione identica il Tribunale di Brescia ha riconosciuto un risarcimento di oltre 18 mila euro, 50 euro al giorno. Questa è discriminazione giudiziaria», sentenzia Esposito.

 

Inoltre, Citarella ha ricevuto anche una beffa: dovranno pagare circa 8 mila euro ai proprietari del locale «perché il giudice di Napoli li ha ritenuti non responsabili di ciò che vi accade. Mentre a Brescia hanno riconosciuto colpevole il Comune come proprietari della strada, qui da noi non riconoscono i diritti dei cittadini e li condannano al pagamento delle spese». Esposito precisa che «una sentenza del Tribunale di Trieste, ha ritenuto responsabili i proprietari perché devono affittare un immobile idoneo all'uso. Inoltre le srl che affittano vanno via, spariscono. Chi li becca più per i risarcimenti? Quindi li avevamo portati in tribunali per contestargli delle responsabilità anche per il futuro, ma a Napoli questo non è stato possibile». La vittoria c'è stata, ma ha un sapore amaro e «non risarcisce a pieno le sofferenze subite, rischiando di essere vana perché spaventa i residenti a intentare cause. Abbiamo vinto, ma quanta sofferenza c'è dietro questa vittoria?».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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