Mutui e licenziamenti, dramma usura: «Le richieste di aiuto sono triplicate»

Mutui e licenziamenti, dramma usura: «Le richieste di aiuto sono triplicate»
di Daniela De Crescenzo
Domenica 10 Maggio 2020, 09:00 - Ultimo agg. 11:43
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«Ho lavorato come aiuto cuoco, ma adesso il ristorante ha chiuso. E probabilmente non riaprirà. Sono già sotto usura, ho bisogno di diecimila euro, altrimenti non posso tirare avanti in nessun modo. In banca non ci posso nemmeno entrare, non mi darebbero un euro. Vi prego aiutatemi»; «Io e mia sorella per anni abbiamo faticato a nero per un'impresa di pulizia. Poi è arrivato il virus. Ovviamente siamo state licenziate, non abbiamo intascato nulla per la liquidazione e siamo finite letteralmente in mezzo a una strada, come tutti quelli che si arrangiavano. Senza uno straccio di reddito nessuno ci presta niente. Che cosa dobbiamo fare?»; «Non sono riuscito a pagare le rate del mutuo, la banca tra poco si prenderà la casa, aiutatemi ad uscire da questo vicolo cieco». Il telefono della Fondazione antiusura San Giuseppe Moscati continua a squillare. Appena è stato riattivato il numero destinato all'ascolto sono arrivate tredici telefonate. Tutte disperate. È ormai evidente che miseria e sconforto sono il danno collaterale, ma non troppo, della pandemia. Le imprese sull'orlo del fallimento, le famiglie che da un giorno all'altro si sono trovate senza stipendio e non riescono a tirare avanti in attesa della cassa integrazione o di un qualunque sussidio, sono tante, troppe. E quando sei con l'acqua alla gola, quando non riesci a garantire due pasti al giorno ala tua famiglia, non ti resta che rivolgersi all'usuraio, allo strozzino, al cravattaro o comunque si chiamo quel maledetto che ti permette di tirare ancora avanti qualche settimana. Poi sarà la fine, ma intanto i tuoi hanno mangiato per qualche altro giorno.
 

 

Per evitare che alle vittime del virus si aggiungano quelle della disperazione, la fondazione antiusura, fondata da padre Massimo Rastrelli e riconosciuta fin dal 1992 dalla Regione Campania, ha già riattivato la linea telefonica dedicata agli Sos (081.4421535) e si sta attrezzando per riprendere gli incontri nel rispetto delle norme anticovid. Intanto, ha scritto al presidente del Consiglio, al ministro dell'Economia, al governatore della Campania per chiedere interventi urgenti. «Nel 2019 abbiamo avviato pratiche per prestiti bancari in favore 716 persone - spiega il presidente Amedeo Scaramella - a gennaio del 2020 abbiamo assistito 59 famiglie, a febbraio 102, e nei primi giorni di marzo 15. Poi, come tutti, abbiamo dovuto interrompere le attività. Appena abbiamo ripreso sono arrivate tredici telefonate. Nei prossimi giorni ci aspettiamo una nuova ondata di contatti. La pandemia ha messo in ginocchio tante famiglie e noi siamo pronti a intervenire per evitare che finiscano in mano agli usurai». Assicurare credito a chi non ha più reddito non sarà facile. «Interveniamo cercando di coinvolgere la famiglia di chi è in difficoltà. Se chi ci chiede aiuto non ha nessuna entrata sicura, vediamo se è possibile trovare un garante all'interno dello stesso nucleo. A volte c'è una nonna con la pensione, un fratello con uno stipendio, un parente che può esibire un modello 101, e così accompagniamo in banca chi da solo non varcherebbe nemmeno l'uscio. Se ci sono debiti pregressi contrattiamo un piano di rientro quinquennale con interessi bassissimi. Lo facciamo garantendo con i soldi che la fondazione ha dallo Stato». La percentuale di chi continua a essere moroso non arriva al dieci per cento: una cifra bassissima se si considera che quella delle banche si aggira intorno al trenta per cento.
 
 

Nel 2019 la Fondazione ha messo in campo due milioni di euro. «Ogni anno lo Stato ci affida circa trecentomila euro spiega Scaramella ma noi utilizziamo anche i soldi che ci rientrano dai prestiti precedenti».
La Onlus ha stretto convenzioni con diversi istituti di credito e mette a disposizione degli utenti un gruppo di professionisti: avvocati, notai, bancari e commercialisti. 

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