Napoli, parla il 13enne pestato dal branco: «Solo contro dieci, nessuno è intervenuto»

Napoli, parla il 13enne pestato dal branco: «Solo contro dieci, nessuno è intervenuto»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 18 Maggio 2020, 00:00 - Ultimo agg. 11:17
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«Ho fatto di tutto per evitare il peggio, ho chiesto scusa più di una volta e non ho reagito, provando solo a schivare i colpi. Avevo una sola preoccupazione: quella di evitare dispiaceri a mio padre e alla mia famiglia. Cercavo aiuto, ma nessuno è intervenuto». Eccolo il piccolo eroe dei Colli Aminei, lo studente di soli 13 anni immobilizzato e picchiato da un branco di almeno dieci elementi, che non esitano a sferrare colpi contro una persona inerme. Dieci contro uno: azione vergognosa, comportamento da vigliacchi, registrata in un video girato in una chat che unisce adolescenti dell’area collinare. Immediata la risposta della polizia, inchiesta lampo del commissariato Arenella e della squadra mobile del primo dirigente Alfredo Fabbrocini. Cinque denunciati per violenza e lesioni (hanno più di 14 anni anni), ma c’è anche chi risponde di cyberbullismo per il video finito sui social. Un pestaggio avvenuto venerdì all’interno del parco La pineta, ricostruito dalla vittima, accanto al suo difensore, l’avvocato Angelo Pisani.
 


Chi sei e che vita conduci?
«Sono uno studente, ho 13 anni, vado bene a scuola, ma vivo per lo sport. Amo il calcio, di me dicono che sono una promessa, spero di tornare ad allenarmi al più presto».

Che cosa è successo venerdì in quel parco?
«Avevo un appuntamento con uno di quelli che avete visto nel video».

Con chi nello specifico? E per quale motivo?
«Con il più piccolo, quello che mi prende a calci per ultimo. C’era stato un litigio in una chat, ci eravamo insultati reciprocamente, poi lui mi ha invitato a vederci nel parco La Pineta, dove ci sono i giardinetti, a pochi passi dalla Chiesa. Ci sono andato e ho capito che era una trappola».

In che senso?
«Erano una decina, mi hanno circondato e non avevo alcuna possibilità di difendermi. Ho capito subito cosa stava accadendo, ho avuto paura e ho solo cercato di evitare il peggio».

Come è andata?
«Ho chiesto scusa, ho cercato di chiudere subito la questione, ma non mi è stato possibile andare via. Almeno dieci minuti prima che iniziasse il video, mi hanno circondato, erano in tanti e aspettavano solo un pretesto per mettermi le mani addosso». 

Cosa hai pensato in quel momento?
«Speravo che qualcuno intervenisse, mentre cercavo solo una via di fuga. Per il resto ho sempre sperato di non mettermi nei guai».

In che senso?
«Ho pensato a mio padre, che è un lavoratore ed è dedito al volontariato, alla mia famiglia. Non volevo dargli una brutta notizia, tipo che mi ero messo in un pasticcio, non volevo deluderlo».

Che ti ha detto poi tuo padre?
«Che mi sono comportato bene, che non ho alcuna colpa, perché sin dall’inizio ho sempre cercato di evitare la rissa. Mi ha spiegato che ho fatto bene a non reagire, che non mi devo vergognare per quanto accaduto, dal momento che ero circondato da almeno una decina di persone. Qualcun altro dovrebbe vergognarsi per quell’azione, certo non io». 

Torniamo al pestaggio subito, qual è stata la sua impressione?
«Che era tutto organizzato, che volevano picchiarmi dall’inizio ed è stato questo il motivo che mi ha spinto a non reagire».

In che senso?
«Mi sono comportato come in guerra. Quando uno alza la bandiera bianca, si arrende, dall’altra parte si devono fermare, non bisogna continuare. Anche i valori dello sport che mi sono stati impartiti insistono sullo stesso punto: che senso ha aggredire una persona in sei, in dieci? Come si fa a sentirsi superiori dopo una cosa del genere?»

Sono stati tre minuti e quaranta orribili.
«Lo ripeto, è durato anche di più, perché la parte iniziale non si vede nel video. Se sono riuscito a resistere, lo devo solo alla mia attività di atleta».

In che senso?
«Si vede anche nel filmato. Ho provato ad ammortizzare i colpi, a schivarli, un poco ho provato a fare dei dribbling, come quando gioco a calcio, per evitare il peggio. Dentro di me, però, avevo paura che non finisse più e speravo che dai balconi, dalla strada qualcuno prima o poi si decidesse ad intervenire». 

Che ne pensi del fatto che uno del branco è stato denunciato per cyberbullismo, dopo aver passato quel video sulla chat? Che ne pensi del compiacimento per quel video?
«Non capisco che tipo di soddisfazione ci può essere nel picchiare una persona che non si può difendere. Erano dieci contro uno, come si fa a non provare vergogna per quelle immagini». 

 

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