Terra dei fuochi, il giallo del rinvio sul sequestro dei beni ai Pellini

Un giudice è malato, un altro dà forfait: prossima udienza a luglio

La protesta all'esterno del tribunale
La protesta all'esterno del tribunale
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Venerdì 9 Giugno 2023, 00:02 - Ultimo agg. 18:01
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La suspense è durata una manciata di minuti. Poi la rasoiata: processo rinviato all’udienza del prossimo 13 luglio. Mugugni all’esterno dell’aula, ma anche ai piedi del Tribunale, dove un intero popolo - quello che si batte contro la terra dei fuochi - dà inizio a una protesta civile ma vibrante: «Niente colpi di spugna, chiediamo giustizia».

Torniamo in aula. Sono le 10.30, quando la ottava sezione di corte di appello fa capire che non ci sono margini per discutere della efficacia del sequestro a carico dei fratelli imprenditori Pellini. L’udienza va aperta e sciolta in pochi minuti, il caso va rinviato. Tocca al giudice Gaudio accennare ai motivi dell’intoppo: il presidente titolare ha avuto un impedimento, tocca spostare l’udienza ad altra data.

Se ne parla il 13 luglio, aula 311.

Monta la protesta, c’è chi parla di colpo di spugna, chi allude a una sorta di manovra per abbassare la tensione mediatica, chi pensa a una manovra. Nulla di tutto ciò, secondo il presidente di Corte di Appello Eugenio Forgillo, che al Mattino chiarisce: «C’è stato un impedimento di una collega, non si poteva comporre il collegio, posso assicurare solo che in questa vicenda c’è l’impegno di tutto l’ufficio a definire al più presto questa vicenda: indipendentemente dall’esito». Ma qual è il punto? Come è noto, in questi mesi la ottava sezione di Corte di appello ha convocato un’udienza ad hoc per stabilire la eventuale perdita di efficacia del sequestro disposto in primo grado dal Tribunale Misure di prevenzione. I giudici devono valutare l’istanza prodotta dagli avvocati dei tre fratelli imprenditori, a proposito di un dato tecnico: nonostante i difensori abbiano fatto appello avverso il sequestro, i giudici non hanno risposto. E sarebbero trascorsi i 18 mesi consentiti dalla legge per pronunciarsi su questo tema. Termini decorsi, perdita di efficacia del provvedimento di sequestro. Una ricostruzione avanzata dai penalisti Francesco Picca, Stefano Preziosi e Paola Tafuro, che assistono Giovanni, Salvatore e Cuono Pellini, titolari dei beni (valore 230 milioni di euro) caduti sotto sequestro. 

A questo punto si dovrà attendere un mese e mezzo per ottenere un verdetto sul caso del patrimonio conteso. Una vicenda condotta in parallelo, rispetto al filone principale delle indagini napoletane sulle attività svolte dagli imprenditori Pellini. Come è noto i tre uomini di affari sono stati condannati per disastro ambientale, verdetto definitivo al termine del lavoro investigativo coordinato dal pm Maria Cristina Ribera (oggi in predicato di trasferirsi a Nola, come aggiunto e vice del futuro procuratore Marco Del Gaudio). 

Ma torniamo al giallo di ieri mattina. Aula presidiata da agenti di polizia per evitare momenti di tensione, c’è chi sottolinea l’assenza del Comune di Acerra. Poi tutto si risolve in pochi minuti. Il nodo non è sciolto, resta l’amaro in bocca per chi attendeva un giudice in grado di sciogliere un nodo decisivo per le indagini sulla cosiddetta Terra dei fuochi. 

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