Perdite di acqua e immondizia un «bubbone» nel ventre di Napoli

Perdite di acqua e immondizia un «bubbone» nel ventre di Napoli
di Paolo Barbuto
Venerdì 11 Dicembre 2015, 10:26 - Ultimo agg. 10:25
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C’è una cavità grande come una cattedrale, la vedete nella foto qui a destra, dentro la quale nel corso degli anni sono state sversate tonnellate di rifiuti. Per attraversarla bisogna letteralmente «scalare» colline di immondizia alte fino a dieci metri. Poi ci sono le antiche cisterne all’interno delle quali interi condomini indirizzano scarichi abusivi, così si creano giganteschi laghi di liquami (sarebbero laghi di cacca, ma pare brutto dirla così) che pian piano si infilano nelle viscere della città e la infestano.

Esistono, ovviamente, anche decine e decine di gallerie, tunnel, grotte colmi di residui di lavori edili: gli operai trovano un vecchio pozzo e il gioco è fatto, tutto finisce giù e si risparmia sulle spese della discarica. Quelle di cui abbiamo parlato sono cavità conosciute, censite, nelle quali è entrato almeno uno speleologo e ne ha segnalato l’esistenza, ne ha spiegato i problemi. Per adesso quasi novecentomila metri quadri di sottosuolo della città sono stati esplorati. Il problema è che, secondo gli esperti, ci sono almeno altri 300mila metri quadri di città sotterranea, dei quali non si conosce ufficialmente l’esistenza. E siccome quelle cavità «non esistono» potrebbero nascondere insidie e pericoli immensi, proprio come quello che ha trascinato giù le palazzine di Veterinaria.

«No, però detta in questa maniera la vicenda non è corretta», Clemente Esposito, il papà di tutti gli speleologi napoletani si tormenta la barba bianca ed è accigliato. «Le cavità non crollano all’improvviso, per caso. C’è sempre una causa che ne provoca il cedimento: per la maggior parte dei casi si tratta di infiltrazioni. Quando è un tubo del’acquedotto i danni si vedono subito, nel giro di qualche ora. Quando ci sono piccole perdite dalle fogne, invece possono passare anche mesi o anni prima che appaiano i problemi in superficie». Insomma, il messaggio è abbastanza chiaro. Le cavità della città di Napoli sono solide e continuerebbero ad esserlo se non intervenisse la mano distruttrice dell’uomo: perdite d’acqua, scarichi abusivi, rifiuti che occludono i passaggi e nascondono le insidie.

Ecco perché la grande preoccupazione viene da quelle zone della città nelle quali l’esplorazione del sottosuolo non è mai avvenuta oppure è stata solo parziale. Esposito accetta di spiegare quali sono questi luoghi, ma solo a patto che si chiarisca che non si tratta di un allarme immediato ma semplicemente di una richiesta di maggiore attenzione: «Ad esempio i quartieri collinari, dal Vomero a salire verso la zona ospedaliera, non sono mai stati esplorati nelle profondità. Anche in una larga parte del Centro Storico esiste lo stesso problema e pure Posillipo potrebbe avere molte cavità nascoste».

Il fatto è che le cavità non sono note ufficialmente a tutti, però molto spesso gli abitanti delle singole zone le conoscono, e ne approfittano per trasformarle in discariche o in fogne abusive. Proprio per tentare di coinvolgere la cittadinanza, nel 1979 venne emessa una ordinanza sindacale che imponeva a tutti gli amministratori di condominio di segnalare al Comune di Napoli la presenza di eventuali cavità al di sotto dei palazzi. In quell’occasione, chi non aveva nulla da nascondere aderì immediatamente alla richiesta; da quei palazzi che sfruttavano il sottosuolo per atti di «pirateria» fognaria invece non arrivò nessuna segnalazione.

Così negli anni, avanzando pian piano sotto terra, gli speleologi hanno «scoperto» ciò che era ben noto a chi abitava nel soprassuolo e hanno segnalato degrado e dissesti. Però ci sono aree del sottosuolo dove nemmeno il più esperto degli uomini sotterranei riesce ad arrivare. Sono quei cunicoli e quelle cisterne che sono state bloccate da cumuli di detriti o da frane: esistono addirittura luoghi conosciuti fino al dopoguerra nei quali, in tempi recenti, nessuno è più riuscito ad entrare perché si è perduta la memoria oppure gli accessi sono stati murati, cancellati nel tempo. A Piazza San Domenico Maggiore, ad esempio, c’era un ricovero di guerra che accoglieva gli abitanti dell’area quando sulla città si presentavano le fortezze volanti. Esistono racconti dettagliati su quella caverna tanto grande da contenere centinaia di persone, però attualmente non si riesce a raggiungerla. Non c’è una via d’accesso conosciuta e non si sa cosa stia accadendo lì sotto: «Siamo nel cuore di una delle piazze più frequentate della città - sospira Esposito che quel ricovero l’ha cercato con insistenza - eppure non sappiamo dove andare per verificare che sia tutto a posto, che non ci siano gocciolamenti, allagamenti, frane, crolli, elementi di pericolo per i palazzi e per le persone che camminano lì sopra».

Una situazione esattamente analoga è quella del ricovero di guerra che si trovava a Porta San Gennaro e che pure, secondo lo speleologo più esperto della città, è impossibile da verificare perché inaccessibile. Insomma, il pericolo potrebbe essere sotto i nostri piedi e potremmo non sapere che esiste. Però, allo stesso tempo, va segnalato che l’intero sistema di cavità conosciuto ed esplorato, è sottoposto a controlli costanti che dovrebbero ridurre al minimo il pericolo. Da quindici giorni, tra l’altro, il Demanio ha trasferito al Comune di Napoli la proprietà degli ex rifugi di guerra per i quali è stato predisposto un puntuale progetto di verifica teso proprio a verificare le condizioni di ogni singolo luogo, anche per stabilirne eventuali nuove destinazioni. Molti ricoveri sono attualmente trasformati in autorimesse, in alcuni sono stati realizzati cinema o teatri, in altri ci sono supermercati, discoteche, insomma, si tratta di un patrimonio utile per la città. E poi, nello stesso momento in cui si raccontano i guai e i mali del sottosuolo, vanno citate anche le bellezze: le visite alla città «nascosta» attirano migliaia di turisti in ognuno dei siti ipogei visitabili, le passeggiate all’interno delle cisterne, dei tunnel degli acquedotti greci o romani, rappresentano esperienze imperdibili per i visitatori di Napoli. Ecco, quella città «alternativa», sprofondata nelle viscere stesse della città rappresenta un volàno di crescita anche economica; invece per la maggior parte è abbandonata e, probabilmente, anche pericolosa. «Inutile cercare colpevoli o puntare il dito contro l’una o l’altra parte di Napoli - spiega amaro Clemente Esposito - in quarant’anni di esperienza nei cunicoli e nelle cisterne della città ho visto bellezze indicibili ma anche schifezze terribili». L’elenco del sottosuolo maltrattato è lunghissimo e ogni situazione di degrado è stata puntualmente segnalata da Esposito che ancora oggi, a 74 anni, continua a infilarsi nella pancia di Napoli per segnalare infiltrazioni d’acqua, piccole frane o possibili pericoli: «In una zona d’elite della città - racconta lo speleologo - esplorando il sottosuolo che passava sotto la villa di una importante personalità politica, mi sono imbattuto in complesso sistema di scarico fognario abusivo.

C’erano tre cisterne antiche nelle quali, a turno, veniva indirizzato un grosso tubo che portava le acque nere della casa. Quando la cisterna si riempiva, un domestico spostava il tubo verso l’altra cisterna. Poi, pian piano i liquami percolavano nelle viscere della città e quella cisterna poteva essere riutilizzata. Ovviamente ho denunciato tutto». Poi ci sono le cavità allagate sotto i Quartieri Spagnoli; colpa dei bassi nei quali i disperati si allacciano abusivamente ai tubi dell’acqua e, siccome non pagano, lasciano i rubinetti aperti notte e giorno. Nei racconti c’è anche il Vomero con lo sprofondamento di via Cimarosa che stava per inghiottire un passante salvato per miracolo (anche in quel caso la cavità non era censita); e c’è pure un intero isolato in zona ospedaliera nel quale non esiste allaccio alla rete fognaria e tutto ciò che scivola giù da rubinetti e gabinetti di almeno quattro edifici, confluisce in una cavità che raccoglie migliaia di litri di liquami: «Sapete cosa succede in questi casi? Che quella robaccia erode il terreno e, pian piano, crea problemi». Insomma, cari lettori, vi rendete conto che in questa città ci sono palazzi che rischiano di crollare perché sono sospesi su un laghi di liquami?