Napoli, chiude il centro per i bambini disabili: «Che ne sarà dei nostri figli?»

Napoli, chiude il centro per i bambini disabili: «Che ne sarà dei nostri figli?»
di Leandro Del Gaudio e Duccio Giordano
Mercoledì 3 Ottobre 2018, 10:00 - Ultimo agg. 4 Ottobre, 10:09
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Hanno una sola certezza: basta una settimana di stop per vanificare anni di lavoro, di sacrifici e di piccoli grandi progressi. Stringono tra le braccia i figli, fissano la telecamera e battono su un punto: «Non possiamo lasciare questo centro, così rischiamo di annullare anni di terapie, siamo pronti alle barricate». 

Decine di genitori all’esterno del centro Aias di Afragola, hanno una sola certezza: la vita dei loro piccoli non può essere sorteggiata, non può essere il capriccio della fortuna a stabilire chi può proseguire nelle cure e chi invece deve segnare il passo, in attesa di una ricollocazione in un altro centro (al momento sconosciuto) e in data da destinarsi. Insomma, fanno fronte comune e battono su un punto: niente riffa sulla pelle dei nostri bambini. 

Piccola grande storia di rabbia e speranza alle porte di Napoli, all’esterno di un centro di riabilitazione pediatrico aperto a centinaia di piccoli ospiti. Un centro che di qui a qualche giorno dovrà ridimensionare il proprio servizio, chiudendo la porta in faccia a tanti genitori che da anni vedono in queste stanze l’unica possibile ancora di salvezza per curare i propri figli, bambini alle prese con disturbi cognitivi e di deambulazione. 
 


Ma andiamo con ordine, a partire dal brutto risveglio toccato giorni fa a tanti clienti dell’Aias. Tutto ha inizio con il decreto regionale che ridisegna i tetti di spesa dei centri clinici convenzionati con la Regione Campania. Una mannaia che si abbatte sulla vita di un istituto fatto di professionisti nel campo della riabilitazione quasi sempre collegati a deficit cognitivi e psicomotori. Un decreto impugnato dal titolare del centro che chiede a un giudice del tribunale civile di Napol di esprimersi: come adeguarsi alle nuove esigenze di spesa imposte da Palazzo Santa Lucia? E soprattutto: in caso di tagli, da chi cominciare a rispedire a casa in cerca di fortuna? Altra doccia fredda, in venti giorni, i giudici chiudono il caso con una prosa giuridica che oggi suona come fredda e incomprensibile alle orecchie di tanti papà e mamme che da anni si rivolgono al centro di casoria. Dunque, il giudice dà ragione alla giunta De Luca, il titolare del centro deve rimodulare le proprie spese alla luce dei nuovi criteri. Risultato: rimando a casa centinaia di bambini. Anzi, di fronte alla telecamera di panni sporchi, è ancora più netto: faccio un sorteggio, chi vince resta, chi perde lascia. E cosa accade a chi dovrà lasciare il centro di Afragola? È il punto dolente, quello che costringe tanti genitori ad immaginare un futuro prossimo alle prese con la burocrazia. E con l’incertezza di una destinazione che non arriva, con una pratica che resta immobile sulla scrivania di un ufficio regionale. Un incubo per loro, per le mamme e i papà che hanno occupato l’ingresso del centro. «Mio figlio non camminava, oggialmeno cammina - dice una donna che non ha più lacrime - ci abbiamo impiegato mesi per ottenere risultati enormi».

Stesso doloroso refrain: «Non parlava, la vedete? Mia figlia non parlava, oggi ha una vita che assomiglia a qualcosa di normale. Che ne sarà di noi se perde il rapporto con la dottoressa, ci sarà un nuovo ripiegamento su se stessa». Incubo regressione per tutti. E i medici dell’istituto confermano: basta una settimana di stop alle terapie per vanificare mesi di lavoro.

Insomma, resta una domanda: che ne sarà dei bambini in cura nel centro Aias? Scaduti i tempi per l’adeguamento finanziario, chi si prenderà cura di tanti piccoli pazienti?

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