Agguato ai Quartieri Spagnoli, feriti due passanti: diciotto anni al baby killer 16enne

Agguato ai Quartieri Spagnoli, feriti due passanti: diciotto anni al baby killer 16enne
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 26 Gennaio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 07:20
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Doveva essere il suo battesimo del fuoco, la sua prova di forza. A sedici anni compiuti da due mesi, arma in pugno, braccio teso ad altezza d’uomo. Non una “stesa”, non un raid dimostrativo, ma un’esecuzione per vendicare un omicidio consumato nel 2017. Quartieri spagnoli, 16 giugno 2021, vico Tre Re a Toledo: un inferno. Feriti per errore due passanti (un artista di riconosciuta fama professionale) e un operaio, entrambi estranei alla camorra. Agguato sanguinario e maldestro, ieri il verdetto a carico del presunto pistolero, firmato dal gup Polito del Tribunale dei Minori: 18 anni per G.P.M., come responsabile del tentato omicidio ai danni di un ragazzo della fazione opposta, ma anche dei due passanti colpiti per caso, per errore, come troppe volte accade da queste parti.

Un verdetto durissimo, che infligge quasi il doppio della richiesta di condanna del pm Fabrizia Pavani (che aveva chiesto una pena a dieci anni di carcere), a carico del sedicenne finito agli arresti. Decisivo il lavoro della Squadra Mobile del primo dirigente Alfredo Fabbrocini, che lo scorso agosto firmò gli arresti a carico di alcuni presunti componenti del commando (i maggiorenni Giuseppe Basile, Francesco Cannola, Carmine Mocerino, Massimiliano Verrano) e del minorenne indicato come killer in erba. Ieri, in un’aula del Tribunale dei Colli Aminei, il verdetto per il 16enne: condanna a 18 anni, ha sparato per uccidere, ferendo due cittadini estranei alle dinamiche criminali; con l’aggravante di aver agito in nome e per conto del clan di appartenenza. Stando alla ricostruzione investigativa, ieri confermata in primo grado, l’agguato dello scorso 16 giugno non fu un episodio estemporaneo o dimostrativo: ma fu una vendetta da parte dei Verrano nei confronti del gruppo dei Valentinelli, a loro volta indicati come responsabili dell’omicidio di Gennaro Verrano consumato nel 2017 e immortalato in un video choc.

Una saga sanguinaria, nella quale sarebbe entrato in campo il 16enne, desideroso di recitare il proprio ruolo di vendicatore armato ma anche di emulo delle paranze dei bambini del 2015. 

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Armi e videogiochi le passioni di G.P.M., prima di quel battesimo del fuoco, costato danni indelebili sulla pelle di due cittadini napoletani. Torniamo allo scorso giugno. Primo pomeriggio, vengono feriti l’artista Enrico De Maio (specialista in tecniche di fusione) e l’artigiano Vittorio Vaccaro, che si trovano sulla strada di casa, dopo aver portato a termine una giornata di lavoro nelle rispettive attività. Vittime per caso, nella polveriera napoletana, dove c’è chi può maneggiare armi da guerra a soli 16 anni, nel tentativo di imporsi nel sistema criminale radicato a due passi da casa. Più volte in questi mesi, i due cittadini feriti hanno battuto su un concetto: «Non si può rischiare di morire, o patire sofferenze indicibili, dopo una giornata di lavoro, solo per aver attraversato una strada cittadina». Ora i due cittadini hanno il diritto di costituirsi parte civile nel corso del processo a carico dei maggiorenni (per il processo a carico dei minori niente parti civili).

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Ma chi è il 16enne condannato a 18 anni? Condotta spesso sopra le righe, è passato da Airola a Nisida, carattere irascibile, violento, anche ieri mattina è stato redarguito dal giudice mentre commentava (in modo poco garbato) le conclusioni della pubblica accusa. Ha spiegato ieri al Mattino, il suo difensore, l’avvocato napoletano Alessio Guadagno: «Il mio disappunto è sul convincimento del Giudicante che, anticipando il Legislatore, ha – nei fatti – eliminato il Tribunale dei minorenni in quanto, con una sentenza così sproporzionata (seppur legittima, in attesa delle motivazioni), ha snaturato la sua funzione di tutela e di recupero di un soggetto a cui, in ragione della sua età, dovevano esser concesse tutte quelle “attenzioni” che gli avrebbero poi concesso quel reinserimento sociale previsto dal nostro sistema (cosa che sembrava aver recepito la Procura che aveva chiesto, infatti, 10 anni). Invece, il Tribunale oggi ha snaturato la sua funzione giudicando un poco più che bambino come un soggetto maggiorenne. E non è tutto. È stata inflitta una condanna severissima in conseguenza anche di una contestazione (a parere di questo difensore) non basata sui fatti ma su una discriminazione territoriale, quella legata alla finalità mafiosa». 

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