Pizzerie e negozi, è allarme camorra: «Tutti ai Tribunali pagano il racket»

Pizzerie e negozi, è allarme camorra: «Tutti ai Tribunali pagano il racket»
di Paolo Barbuto
Lunedì 29 Luglio 2019, 08:00
4 Minuti di Lettura

Nessuno è capace di sottrarsi alle richieste di pizzo della camorra nella strada dei turisti, tutti piegano la testa e restano in silenzio, nessuno va a denunciare perché la paura è tanta e la fiducia nelle istituzioni è poca.

Le indagini sull'esplosione di gennaio a via Tribunali hanno alzato il velo su una situazione che chiunque poteva immaginare, eppure leggere nero su bianco quel che accade nella realtà fa venire i brividi. D'improvviso arriva la certezza che San Gaetano è stritolata dalla morsa del racket.
 
Stiamo parlando, per intenderci, del cuore del centro storico: si tratta dell'area d'intersezione fra San Gregorio Armeno e via dei Tribunali, una zona che ogni giorno dell'anno viene percorsa da migliaia di turisti, una zona intorno alla quale s'è creato un mondo di pizzerie, bar, ristoranti, bed and breakfast che sfruttano l'onda lunga del ritrovato turismo ma sono costretti a piegare la testa dinanzi a chi comanda in quella zona.

Già, chi comanda? Le indagini raccontano la guerra in corso fra due clan: i Sibillo storici della zona e i Mazzarella pronti a strappare il territorio ai rivali. In mezzo alla guerra ci sono residenti, piccole aziende, turisti: tutti in balìa dei clan.

Ci sono lunghi passi dell'ordinanza di custodia cautelare per i fatti di via Tribunali, in cui chi subisce le pressioni di camorra si scioglie e presenta uno scenario da brivido. Pagano tutti, nessuno escluso, secondo quel che si dicono le persone ascoltate; paga ogni singolo ristoratore, tutti i negozianti comprese le agenzie di scommesse, pure i parcheggiatori abusivi che vanno a presidiare le notti della movida sono costretti a piegarsi alle richieste del clan: «Questi sono gli episodi... comunque là pagano tutti quanti. Pagano quelli del parcheggio, pagano le altre pizzerie - dice una delle persone vittima del racket sfogandosi - là pagano tutti quanti, devono vedere loro (le forze dell'ordine n.d.r.) mica glielo dobbiamo dire noi?».

Un'altra vittima del racket appoggia lo sfogo: «Io gliel'ho detto che quelli si vanno a prendere i soldi dai parcheggiatori... perché non vi appostate? Li vedete quando pagano». E un'altra persona insiste: «Vedono i parcheggiatori... vedono il salumiere a chi paga». «E poi all'agenzia di scommesse sportive non furono loro a cercargli l'estorsione?».

Man mano che le parole avanzano, il quadro diventa sempre più nitido, terribilmente nitido. Viene fuori un quadro dettagliato dei percorsi del racket, delle richieste sempre più insistenti e della guerra fra clan che cercano, a turno, di prelevare il denaro dagli stessi esercizi commerciali.

Nessun accenno a richieste avanzate ai pastorai di San Gregorio Armeno, non vengono mai nominati né sfiorati dalle parole di chi conosce il territorio. Anche loro da sempre spiegano di non aver mai ricevuto richieste estorsive anche se in tanti sostengono che pure quella parte di artigiani spesso è costretta a piegare la testa.

Ogni persona dei Tribunali li riconosce, passano in sella ai loro scooter proprio per farsi vedere. Tutti capiscono qual è la fase del duello in corso, chi è vincente e chi è costretto temporaneamente alla ritirata, a seconda dei volti che si vedono lungo le strade dei turisti.

In genere sono i reggenti della piccola porzione di città a marcare il territorio con la presenza, arrogante, in mezzo ai turisti inconsapevoli, davanti ai negozianti e ai ristoratori fin troppo consapevoli. Quando ci sono situazioni di difficile gestione scendono in campo anche i boss veri, ma questo accade di rado perché sul territorio le cose devono vedersele faccia a faccia i singoli reggenti.

Agli atti dell'ordinanza di arresto per l'esplosione di gennaio c'è anche una surreale telefonata intercettata fa un membro del clan Mazzarella e uno dei Sibillo: si rincorrono a suon di minacce di «ti schiatto la testa», di «ti piazzo un proiettile in fronte», si insultano parlando delle mamme, si chiamano cornuti, cercano di umiliare l'altro parlando di quale clan è più ricco. C'è un passaggio che rende, in maniera plateale, qual è la situazione in quella zona. Uno dei due contendenti di camorra urla a gran voce: «A noi non ci servono i soldi. Noi facciamo la malavita per stile di vita».

Nel documento, però, c'è anche il racconto della faccia imbranata della camorra, quella dell'attentatore che dovrebbe lanciare l'ordigno dentro un balcone del primo piano e non ne è capace: «La bomba dovevano buttargliela nel balcone - spiega un informatore - però ha preso un ferro, una staffa di ferro, qualcosa, non ha saputo...

la paura stessa di buttargliela ed è tornata indietro, è caduta a terra e si è fermata davanti a Sorbillo».

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