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Napoli, alloggi pubblici ai boss di camorra: ecco la mappa dello scandalo

Il caso dalla periferia ai comuni dell'area nord

di Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 30 Novembre 2022, 09:15
4 Minuti di Lettura

Sono trentunomila quelli che si sono fatti avanti e che ora attendono l'assegnazione di un immobile da parte dello Stato. Hanno fatto richieste, si sono fatti avanti, mostrando di avere i requisiti (la condizione di indigenza e l'estraneità a fatti di camorra), aspettando la svolta della propria esistenza: una casa, un canone mensile, le utenze da pagare, un bene da tutelare in un rapporto di fiducia con lo Stato. Una svolta che è stata resa possibile grazie alla graduatoria regionale approntata di recente, decisivo il lavoro dell'assessore regionale Bruno Discepolo, che rappresenta a questo punto il principale strumento normativo da usare per fare in modo che la battaglia di Pizzofalcone non rimanga uno step effimero. La graduatoria è l'unico strumento possibile, per fare chiarezza nel groviglio di competenze e assegnazioni (spesso di sapore clientelare) che si sono consumate all'ombra delle case popolari.

Ma, Pizzofalcone a parte, quali sono i punti caldi della mappa approntata in questi mesi? C'è molto asse mediano, in questa storia. Arzano, Melito, Casavatore, in una linea di continuità che tiene collegate Napoli e Caserta. Sono questi i punti maggiormente caldi, almeno dal punto di vista amministrativo e della gestione dell'ordine pubblico. E non è un caso che ogni volta che qualcuno si è esposto in questi anni nel denunciare gli insediamenti illegali nel patrimonio comunale, che sono arrivate reazioni all'insegna della violenza. Ne sa qualcosa il comandante della polizia municipale di Arzano Biagio Chiariello, alcuni mesi fa finito nel mirino della camorra proprio per il suo tentativo di ripristinare le regole nelle palazzine costruite con i fondi della legge post terremoto. Ricordate le pagine pubblicate lo scorso marzo dal Mattino. Un viaggio ad Arzano, alla luce di fotografie scattate in esclusiva: sono gli interni domestici di presunti camorristi, che occupano abitazioni in modo completamente illegale, guardandosi bene dal versare soldi allo Stato o da concorrere a una graduatoria. Ma come intervenire in un contesto tanto complesso e delicato?

APPROFONDIMENTI
Napoli, sgomberato il palazzo della camorra a ​via Egiziaca a Pizzofalcone
Case occupate dai clan a Napoli, il pm: sgombero subito. È tensione


Torniamo al comandante Chiariello. È stato lui a battere una strada che andrebbe replicata anche in altri spaccati metropolitani: colpire gli abusivi bloccando il reddito di cittadinanza, dal momento che uno dei pre-requisiti per ottenere il sussidio è quello di rispettare le regole, senza agire con violenza contro persone o cose. Un intervento che presuppone raccordi stabili dal centro alla periferia, dalla cabina di regìa prefettizia alle varie articolazioni da parte dello Stato. Ma torniamo nelle case della 167 di Arzano, alla luce delle foto raccolte dal Mattino: specchi dorati, candelabri stilizzati, colonne d'epoca, in un misto di generi che sembrano fatti apposta per scimmiottare Gomorra. E non è tutta. Sanitari e lavandini rigorosamente di marca, spiccano poi gli impianti di aria condizionata e di riscaldamento, con applicazioni di ultima generazione. Nulla di riconducibile a un tenore di vita da meno abbiente, come richiesto dalle direttive regionali. Ma sono tanti gli esempi che emergono dalla galleria di abusi consumati dentro e fuori il patrimonio immobiliare cittadino. Uno degli ultimi esempi è stato fornito dalle indagini condotte dai pm Antonella Fratello e Simona Rossi, magistrati della Dda sotto il coordinamento della procuratrice Rosa Volpe.

È la storia di una mamma, di cui abbiamo parlato nell'edizione di ieri del Mattino. Una mamma di Ponticelli, lotto interamente costruito dopo il terremoto. È stata costretta ad abbandonare assieme ai due figli la casa che le era stata assegnata dal Comune, dopo aver subìto il pressing da parte di un gruppetto di donne legate al clan De Luca Bossa. Una vicenda straziante, che nasce in strada, quando un gruppo di figli di malviventi aggredisce e dileggia un loro coetaneo. Bullismo di sapore camorristico. La mamma del ragazzino prova a chiedere spiegazioni ai genitori del branco, ma viene allontanata da Ponticelli. Sarebbe stato il boss Umberto De Luca Bossa a imporre l'aut aut: «Se vuoi rimanere nella tua casa, ci devi dare 5mila euro...». Violenze e minacce su cui ora è intervenuta la Procura, nell'attesa che la graduatoria diventi uno strumento rapido, efficace e capillare.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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