Quanti sono gli altarini di camorra in città? La domanda se la sono posta alla polizia municipale di Napoli dopo l’avvio della battaglia ai simboli della malavita lanciata nello scorso febbraio dall’allora Prefetto, Marco Valentini. In quell’occasione si decise di cancellare i simboli più eclatanti, dal murales dedicato al baby-rapinatore Luigi Caiafa ad altri cinquanta simboli sparsi ovunque; ma lungo le strade della città ce ne sono altri, tantissimi altri, sui quali si stanno accendendo nuovi fari. A farsi promotore dell’indagine il responsabile dell’unità operativa antiabusivismo della polizia municipale di Napoli, il capitano Agostino Acconcio, sotto il coordinamento del comandante del Corpo di polizia municipale, il generale Ciro Esposito.
Il percorso avviato dai vigili prevede il monitoraggio di ogni singola strada della città per rilevare la presenza di immagini, simboli, altarini, che presentano un lampante collegamento ai clan malavitosi della città: «I primi risultati hanno lasciato attoniti anche noi, arrivano dall’Unità Operativa Stella, quella che si occupa principalmente del territorio del quartiere Sanità: hanno individuato quindicimila luoghi nei quali sono esposti pubblicamente simboli, scritte o fotografie in memoria di un rappresentante di clan», spiega sconfortato il capitano Acconcio.
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Il censimento è solo all’inizio, anche se i dati dell’unità operativa Stella, retta dal capitano Massimo Giobbe, sono già estremamente significativi. Una volta completato il censimento sull’intero territorio cittadino, sarà possibile ipotizzare un intervento complessivo per la cancellazione o la rimozione di quei simboli. Si tratta di utilizzare le stesse modalità già usate per gli interventi in alcune zone della città: rimozione di strutture o cancellazione di scritte dai muri. Però l’ampiezza del progetto non consente di operare senza aver preventivamente predisposto un adeguato piano d’azione che andrà discusso con il Prefetto ed eventualmente portato a termine con il contributo di tutte le altre forze di controllo del territorio. L’esperienza del recentissimo passato insegna che quando si va ad operare sul delicatissimo terreno della memoria, anche quella di persone che hanno avuto a che fare con la malavita, la tensione sale immediatamente e lo scontro, anche a distanza, è inevitabile. Ne sanno qualcosa gli stessi vigili di Napoli che hanno collaborato alle operazioni di cancellazione dei murales nei mesi scorsi e che spesso si sono ritrovati con gli stessi simboli o le stesse scritte riproposte su quei muri dai quali pochi giorni prima erano state cancellate.
Proprio il primo eclatante intervento, quello sul murale dedicato a Luigi Caiafa, è stato il simbolo dello scontro fra territorio e Stato. Pochi giorni dopo la cancellazione da parte degli operai della NapoliServizi, in una notte su quella stessa parete di vico Sedil Capuano dov’era l’immagine rimossa, comparve una scritta «Luigi Caiafa vive», realizzata con una bomboletta spray nera. In quella stessa notte altre scritte apparvero sui muri di Forcella, tutte dedicate a Caiafa.Si mise in moto la macchina per far rimuovere nuovamente quei segni, sui quali fu passata nuova vernice bianca, ma dopo qualche settimana le parole in ricordo del baby-rapinatore tornarono su quello e su altri muri del quartiere. Un vero e proprio duello ingaggiato con lo Stato, la cui intensità è stata intercettata anche dalla Direzione Investigativa Antimafia che, nell’ultima relazione dello scorso settembre, ha definito questi episodi come una «sfida allo Stato». La Dia ha rilevato come questa pratica rappresenti un elemento sostanziale della strategia criminale dei clan in città per dimostrare la propria presenza sul territorio.