Napoli, ambulanza «dirottata» al Pellegrini: in sette verso il processo

Napoli, ambulanza «dirottata» al Pellegrini: in sette verso il processo
di Leandro Del Gaudio
Martedì 7 Maggio 2019, 07:30
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«Muoviti, vieni con noi, non hai capito con chi hai a che fare, muoviti, altrimenti ti ammazziamo». Frasi di questo tipo urlate al conducente di un'ambulanza del Vecchio Pellegrini, da un gruppo di soggetti che dirottarono il mezzo per portare soccorso nei confronti di un loro conoscente, rimasto vittima di un incidente stradale.

Rapina, interruzione di pubblico servizio e atti di violenza privata sono le accuse mosse dalla Procura a carico di sette indagati, tutti raggiunti da un avviso di chiusa inchiesta, atto che fa da preludio di una probabile richiesta di rinvio a giudizio. Ma andiamo con ordine, a ripercorrere un evento consumato lo scorso 27 maggio, tra i vicoli della Pignasecca e il pronto soccorso dell'ospedale Vecchio Pellegrini.
 
Sette indagati, dunque, ecco i loro nomi: Antonio Bocchetti, Antonio Buccino, Filippo Buonadonna, Vincenzo D'Avino, Marco Marrazzo, Vincenzo Masiello, Carlo Laudanno.

Decisive le immagini ricavate dalle telecamere di sorveglianza nell'ospedale, ma anche la testimonianza rilasciata da alcune parti offese. Vittima dell'aggressione è Pasquale Pierno, letteralmente costretto a mettersi alla guida dell'ambulanza e a condurla a mo' di taxi personale, sul luogo di un incidente stradale, dove un centauro aveva perso la vita.

Un'inchiesta che ha fatto registrare in questi mesi valutazioni differenti, dal momento che il giudice ha rigettato la richiesta di arresto mossa dalla Procura nei confronti dei presunti dirottatori. Diversa la valutazione del giudice in relazione all'accusa di sequestro di persona, originariamente ipotizzato da parte della Procura, mentre sul fronte prettamente cautelare si attende la valutazione del Tribunale del Riesame.

Una notte di paura, quella dello scorso 27 maggio. Prima l'incidente stradale in cui perse la vita il 17enne Emmanuele Esposito, poi l'incursione in ospedale. Modi spicci e violenti nei confronti del conducente soccorritore, che viene fisicamente spinto a rimettersi alla guida del mezzo. Inutile urlare che l'ambulanza in quel momento fosse priva della barella, come emerge dalle immagini e dalle testimonianze raccolte. In sintesi, viene recuperata una barella dal Pronto soccorso, ovviamente non adatta ad incastrarsi nell'ambulanza e viene spinto via un paziente in attesa di cure. Era un malato di cuore, raccontano gli atti. Dissero gli aggressori: «Butta questo a terra che ci serve la barella, serve per il nostro amico».

Così fu. Andò esattamente in questo modo, con un mezzo dirottato, un conducente «sotto sequestro», un'ambulanza rubata, una intera equipe sotto choc. Non servì a nulla, dal momento che una volta giunti sul posto, gli aggressori lasciarono immediatamente il mezzo per dileguarsi tra i vicoli. Videro che il loro conoscente era già stato soccorso, che c'era sul posto un'altra ambulanza, anche se la storia della «croce» presa in prestito fece il giro dei social media.

Difesi, tra gli altri, dai penalisti Cesare Amodio, Giuseppe De Gregorio, Giuseppe Pecoraro e Leopoldo Perone, ora gli indagati hanno venti giorni per raccontare la propria versione e dimostrare la propria estraneità alle accuse. Una vicenda che attende la valutazione di un giudice, a quasi un anno dalla brutta cartolina napoletana, quella di una notte di inferno al Pronto soccorso, di un'ambulanza dirottata da un gruppo di gente della zona della Pignasecca.
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