Gambiano legato all'Isis preso a Napoli: «Sono un soldato di Dio»

Gambiano legato all'Isis preso a Napoli: «Sono un soldato di Dio»
Lunedì 25 Giugno 2018, 17:30
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«Io sono un soldato di Dio, lo sai, non devi temere per me». Così Osman Sillah, il gambiano arrestato oggi a Napoli con l'accusa di far parte dell'Isis, si è rivolto poco tempo fa alla moglie rimasta in Africa, parlando con lei al telefono. Una chiamata intercettata dagli investigatori che ha dato loro l'ultima conferma: di fronte non c'era un simpatizzante di Daesh ma un membro a tutti gli effetti dello Stato islamico; un soldato, appunto. Ma non solo. L'indagine, alla quale ha contribuito in modo importante anche l'Aise (l'Agenzia per la sicurezza esterna), ha fatto emergere tutta una serie di elementi che finora non erano mai stati riscontrati, almeno nel nostro paese. A partire dall'arresto il 20 aprile scorso di Touray Alagie, il 21enne bloccato davanti alla moschea di Licola: il giovane - dicono gli investigatori - ha messo in atto tutto le tattiche consigliate dall'Isis ai jihadisti che vengono arrestati. Prima si è mostrato disperato, poi ha cercato di entrare in sintonia con gli investigatori, infine ha cominciato a fare piccole ammissioni e solo su elementi insignificanti.

Per la prima volta, inoltre, un organo ufficiale dello Stato islamico ha commentato la notizia del suo arresto: lo ha fatto il magazine Al-Nabah - la rivista dello stato maggiore del califfato - nel numero on line del 5 maggio. In quell'occasione si faceva menzione del fermo di Alagie, definendolo 'un fratello'. Alagie e Sillah, spiegano ancora gli investigatori, facevano parte di un gruppo di una settantina di persone che si sono addestrate in nord Africa. Un addestramento completo che andava dall'utilizzo del kalashnikov a quello delle mitragliatrici pesanti fino alla realizzazione e all'occultamento di ordigni esplosivi. Alcuni di loro sono morti, altri sono riusciti a partire per l'Europa. Ed è per questo che l'indagine è tutt'altro che conclusa
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