Ucciso perché non voleva sottostare alle regole del triumvirato. È questo uno dei moventi dell’omicidio di Ciro Caiafa, padre del babyrapinatore Luigi, ucciso da un poliziotto durante un tentativo di rapina. È una lunga scia di sangue quella che si abbatte sulla famiglia Caiafa, come emerge dalla misura cautelare a carico di oltre 50 presunti trafficanti di droga e camorristi. Un racconto a tinte pulp dal quale emerge il caso di Ciro Caiafa, ucciso nel suo basso ai Decumani il 31 dicembre del 2021, proprio mentre si apprestava a realizzare una fiaccolata in cimitero in onore del figlio Luigi, al quale era stato dedicato un murale poi rimosso in quanto giudicato abusivo. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, il movente del delitto di Ciro Caiafa va ricondotto alla sua decisione di spacciare droga fuori dal sistema.
Ma c’è anche un altro particolare che emerge dal romanzo criminale dei Quartieri spagnoli. Il riferimento è alla decisione di Antonio Esposito, presunto boss del Triumvirato dei quartieri spagnoli di auto esiliarsi nella sua abitazione di via Speranzella. Per oltre venti anni non è quasi mai uscito di casa. Il motivo di questo esilio? Sulla sua testa pendeva una minaccia di morte da parte dei Licciardi, per il suo presunto (e mai dimostrato) coinvolgimento all’omicidio di un ragazzino - si chiamava Ciro Esposito - a luglio del 2001, in piazza Trieste e Trento, nel pieno della movida napoletana.
Da allora, quest’ultimo non avrebbe quasi mai messo piede fuori casa, per evitare di finire in una vendetta consumata a freddo.
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