Le mani della camorra sui carburanti: maxi truffa da Napoli a Reggio Calabria, 70 arresti

Le mani della camorra sui carburanti: maxi truffa da Napoli a Reggio Calabria, 70 arresti
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 8 Aprile 2021, 07:25 - Ultimo agg. 9 Aprile, 09:02
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È in corso la conferenza stampa via streaming con i quattro procuratori (Napoli, Roma, Catanzaro e Reggio Calabria) che hanno coordinato le indagini che stamattina hanno portato all'arresto di una settantina di persone e al sequestro di beni per un miliardo di euro a carico di più associazioni criminali italiane.

Le indagini della Guardia di Finanza hanno svelato l'esistenza di una fitta rete criminale che negli anni avrebbe foraggiato alcune imprese specializzate nella fornitura degli idrocarburi in difficoltà impadronendosi, di fatto, del grande affare legato al petrolio. 

L'operazione è scattata questa mattina, quando i comandi provinciali della Guardia di finanza di Napoli, Roma, Catanzaro e Reggio Calabria, hanno dato esecuzione a provvedimenti cautelari a carico di 70 persone ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso, riciclaggio e frode fiscale di prodotti petroliferi.

Con il supporto dei finanzieri dello Scico e dei carabinieri del Ros sono stati sequestrati immobili, società e denaro contante per un valore di un miliardo di euro. Sequestrate anche 37 stazioni di servizio carburanti. 

L'indagine è stata coordinata dalle Direzioni distrettuali antimafia locali e dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo. 

Ed è proprio il petrolio, e più in generale il traffico di olii minerali e di idrocarburi, sul quale puntano oggi le mafie. Coinvolti nell'inchiesta il clan Moccia di Napoli e la cosca calabrese dei Mancuso di Limbadi. Centrale era il ruolo della camorra: ai clan napoletani veniva affidata la parte legata alle frodi fiscali, al riciclaggio e autoriciclaggio (attraverso il recupero di somme fatte evadere grazie a società cartiere che fornivano false fatturazioni). In Calabria, invece, due imprenditori, Giuseppe e Antonio D'Amico, tentavano la distribuzione del petrolio kazako sfruttando il porto di Lamezia Terme. 

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«Oggi  per le mafie - ha detto il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri - i petroli stanno fruttando più della droga». 

Il procuratore di Napoli Giovanni Melillo ha affermato che «in questa indagine, condotta con grande sinergia grazie alla collaborazione di quattro Procure, emerge come più organizzazioni mafiose avevano stretto un'alleanza per la commercializzazione degli idrocarburi. Le indagini della Dda di Napoli si sono intrecciate con quelle delle altre città interessate - Catanzaro, Roma, Reggio Calabria e Catanzaro - partendo dal ruolo  centrale del gruppo  capeggiato da Antonio Moccia. Emerge una presenza sistematica e massiccia dei clan in settori delicati e complessi come quello degli idrocarburi attraverso la fornitura di ingenti capitali e risorse finanziarie e di servizi illegali che garantivano le prestazioni di una vera e propria costellazione di società cartiere capaci di fornire false fatturazioni». 

A Napoli centrale era il ruolo del clan Moccia. Antonio Moccia sarebbe riuscito attraverso Alberto Coppola, imprenditore napoletano del settore petroli, a entrare in contatto con la Max Petroli, società romana che si occupa di idrocarburi. Coppola si sarebbe prestato a riciclare denaro di provenienza illecita riciclandolo nell'economia legale degli idrocarburi. 

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