Tesoro del boss Di Lauro, il giallo del testamento

Tesoro del boss Di Lauro, il giallo del testamento
di Leandro Del Gaudio
Martedì 5 Marzo 2019, 07:00 - Ultimo agg. 13:47
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Le ha dettato le ultime volontà, un testamento nel quale ha anche fornito alcuni segreti sul tesoro di Marco Di Lauro. Le ha confidato i nomi dei soggetti che custodiscono pezzi di quel tesoretto riconducibile all'uomo sfuggito agli arresti, attraverso una latitanza durata 14 anni. Retroscena drammatico del week end alle porte di Napoli, quando Salvatore Tamburrino decide di impugnare la pistola e fare fuoco. Non per uccidersi, sconsolato per la decisione della moglie di interrompere la relazione, ma per ammazzare la donna che amava, colpendo a morte la 33enne Norina Mattuozzo. Scena pulp, avvolta dal mistero, al sesto piano di un edificio di edilizia popolare del centro storico di Melito, indagini in corso. Tamburrino avrebbe dettato le sue ultime volontà alla moglie, nella convinzione di togliersi la vita. Un testamento nel quale, l'ormai ex vivandiere di Marco Di Lauro, indicava nomi, luoghi e soldi della cassa del boss arrestato sabato in via Scaglione. Frasi di questo tipo: «Cento stanno in mano a tizio, duecento in mano a quell'altro, tu hai soldi e gioielli conservati...». Insomma, una miniera d'oro, in tutti i sensi.
 
Eppure, del testamento nessuna traccia. Un giallo sul quale sono in corso verifiche e perquisizioni da parte delle forze dell'ordine. Ma riannodiamo il nastro, torniamo a sabato scorso. Difeso dall'avvocato Domenico Smarrazzo, Tamburrino ha confessato l'omicidio, partendo proprio da quella lettera-testamento fatta scrivere alla moglie: «Non volevo ucciderla, avevo deciso di suicidarmi e le ho fatto scrivere quella lettera», è la sintesi del suo interrogatorio, mentre per l'avvocato Smarrazzo, «quelle frasi sono dichiarazioni di ultima volontà da parte di un uomo in uno stato confusionale». Eppure del documento nessuna traccia. Sparito, volatilizzato. Se fosse vera questa storia, qualcuno ha avuto la forza di far sparire il testo, sorvolando anche sul corpo di una donna riverso nel suo sangue. Fatto sta che secondo quanto emerso finora, il patrimonio ricostruito in quella lettera si aggira intorno a un milione di euro (soldi e gioielli nelle mani di più persone). Inchiesta condotta dai pm Maurizio De Marco e Vincenza Marra, sotto il coordinamento dell'aggiunto Giuseppe Borrelli, si attende il doppio interrogatorio di questa mattina: per Tamburrino è attesa la convalida dell'arresto per l'omicidio di Norina Mattuozzo (ma è indagato anche di favoreggiamento della latitanza del boss); mentre per Marco Di Lauro, il primo appuntamento dinanzi ai giudici. Difeso dai penalisti Simona Lai, Carlo e Gennaro Pecoraro, l'ex «fantasma» deve rispondere di due ordinanze cautelari per droga, risalenti al 2011 e al 2015.

Ed è in quest'ultima tranche che emerge un particolare sulla carriera criminale di Marco Di Lauro. È il 27 aprile del 2008, quando il capoclan progetta di uccidere gli odiati scissionisti a Barcellona. Non in un'occasione ordinaria. Già perché, grazie a un «infiltrato» i Di Lauro vengono a sapere degli spostamenti degli scissionisti e della loro decisione di recarsi al Gran Premio di Formula Uno di Montmelò (Spagna), previsto per il 27 Aprile 2008. Una talpa che avrebbe spinto Marco Di Lauro ad organizzarsi, con una rete di fiancheggiatori che mette in piedi una piccola macchina da guerra: due auto, di cui una con targa spagnola, un appartamentino a Barcellona, ma anche soldi e armi all'occorrenza.

Intercettati i dialoghi, che alludono a una disponibilità di Marco Di Lauro di recarsi in Spagna, mentre un uomo e una donna confermano: «Non sai che succederà là terra, non sarà una cosa normale».

Scriveva nel 2015 il gip Carola: «Il riferimento ai 15.000 euro da consegnare, rendono estremamente concreta la possibilità che il misterioso personaggio sia Marco Di Lauro, in quel periodo reggente del clan» ad essere atteso a Barcellona.

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