Marco Di Lauro F4, una vita nell'ombra e il giallo del bambino

Marco Di Lauro F4, una vita nell'ombra e il giallo del bambino
di Daniela De Crescenzo
Domenica 3 Marzo 2019, 09:00 - Ultimo agg. 12:50
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Lo chiamano F4 e la sua è stata una vita in fuga. Marco Di Lauro, il quarto dei nove figli di Paolo Di Lauro, che Luigi Giuliano ironicamente soprannominò Ciruzzo O milionario, è diventato latitante a 25 anni. Per quattordici anni è stato un fantasma, ricercato dalle polizie di tutto il mondo, anche se l'accusa più terribile nei suoi confronti, quella di essere il mandante dell'omicidio di Attilio Romanò, vittima innocente della prima faida di Scampia, non è stata confermata dalla Cassazione: condannato in primo e in secondo grado, è adesso in attesa di un nuovo processo che si terrà alla terza sezione d'Assise davanti alla quale la suprema corte lo ha rinviato. Difeso prima dall'avvocato Vittorio Giaquinto e poi da Sergio Cola, dovrebbe per ora scontare solamente 8 anni di galera per una sentenza passata in giudicato. Ma dovrà affrontare ancora molti procedimenti dall'esito incerto: il futuro che dovrà affrontare non sembra certo luminoso.
 
Nato nel 1980 diventò latitante nel 2005, e dal 2006 lo ricercavano le polizie di tutto il mondo. La sua è stata una vita avvolta nel mistero: fino a ieri, quando sono riusciti finalmente ad arrestarlo e a interrogarlo, gli inquirenti ritenevano che avesse un figlio a cui avrebbe dato il nome del nonno, Paolo. Poi lui e la sua compagna, Cira Marino, che era presente in casa al momento dell'arresto, hanno spiegato che quel bambino non era mai esistito. Non ha avuto figli, il boss di Scampia. E non è nemmeno mai andato via dal suo quartiere.

Nei lunghi anni della latitanza c'è stato chi giurava fosse a Dubai, chi lo dava in Sud America, e invece lui abitava a pochi chilometri da Cupa dell'Arco, la casa di famiglia dove vive tuttora la madre, Luisa.

Una cortina di fumo lo ha dunque circondato per quindici anni, probabilmente perché il suo destino è stato segnato nel giro di pochi mesi, quando, arrestati il padre e il fratello maggiore, Cosimo, morto il terzogenito, Domenico, in un incidente di moto, furono lui e Vincenzo (poi finito in manette e successivamente scarcerato per fine pena) a dover prendere le redini di un clan in guerra. A Vincenzo toccarono gli affari, a Marco la gestione delle piazze e dei soldati. Era il 2004, F4 era poco più di un ragazzino, quasi sconosciuto agli inquirenti, anche a quelli che, come la narcotici napoletana, i Di Lauro li seguono da sempre, ma per gli affiliati di Ciruzzo F4, era già un capo.

Il giovanissimo boss si era infatti trovato a gestire una situazione drammatica e a fronteggiare la coda della più sanguinosa tra le faide recenti: la prima battaglia di Scampia che costò più di cento vite, e molte vittime innocenti. Nel 2004, nella premiata società Amato-Di Lauro, capace di inondare di droga l'intero Mezzogiorno, si era aperta una crepa importante. Fino a quel momento l'impresa era stata gestita come una Spa con sette soci (Paolo Di Lauro, Raffaele Amato, Rosario Pariante, Raffaele Abbinante, Patrizio De Vitale, Antonio Leonardi, Enrico D'Avanzo) che investivano capitale per comprare e vendere direttamente la cocaina dai narcotrafficanti. Dalla fine degli anni Novanta, in scena entrò Raffaele Imperiale, il booker della cocaina latitante a Dubai, l'uomo che ha consegnato due tele di Van Gogh rubate al museo di Amsterdam: Lelluccio Ferrarelle, come lo chiamano i suoi, comprava droga da uno stoccatore, Erich Van de Bunt, e riforniva uno degli azionisti (Amato) che da quel momento cominciò a governare un canale in proprio creando una holding capace di dominare il mercato facendo fuori tutti i concorrenti.

Paolo Di Lauro, uomo d'affari d'esperienza, si accorse presto che i conti non quadravano: qualcosa si era inceppato nel meccanismo accuratamente costruito in anni e anni di traffici e morti ammazzati. Per mettere Amato nell'angolo chiese di cambiare la composizione societaria della Droga Spa creando una quota per il figlio Cosimo, poi fu costretto alla latitanza per un mandato di cattura e la gestione del business di famiglia passò proprio al primogenito. F1 tentò di trasformare i soci del padre in dipendenti. E scoppiò la guerra. Con gli arresti del padre e del fratello e la fine delle ostilità, a Marco toccò gestite un clan sempre più in difficoltà, colpito dai pentimenti, le diserzioni, i sequestri dei beni, l'ultimo proprio qualche giorno fa. Di lui si dice che non abbia una mente imprenditoriale come Vincenzo, ma che non sia nemmeno una testa calda come Cosimo.

F4 ha vissuto in fuga, ma Carlo Puca, nel libro Il Sud deve morire, racconta che non si è mai rassegnato alla solitudine. Un giorno a casa della fidanzata Cira Marino, si presentarono tre plenipotenziari del boss per farle un discorso chiarissimo: «Il tuo uomo ti ama, vuole vivere per sempre con te, solo che il suo futuro è segnato: resterà latitante per il resto dei suoi giorni. Sei pronta a nasconderti da tutto e da tutti?». La ragazza disse sì e da quel giorno sparì pure lei. Fino a ieri quando gli agenti sono entrati dalla finestra in un appartamento di via Scaglione.

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