Napoli, assalto all’ambulanza e infermiere in ostaggio: «Volevano uccidermi»

Capodichino, aggrediti gli operatori del 118: la rabbia esplosa per l’assenza del medico

Napoli, assalto all’ambulanza e infermiere in ostaggio
Napoli, assalto all’ambulanza e infermiere in ostaggio
di Ettore Mautone
Lunedì 16 Gennaio 2023, 23:45 - Ultimo agg. 18 Gennaio, 07:59
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«Prendi la pistola e sparagli»: ancora minacce di morte e intollerabili intimidazioni nei confronti di un team del 118 (infermiere e autista) accorsi in assistenza di una paziente a Napoli. È la quarta aggressione in 15 giorni che si consuma in città nel 2023, una media in crescita del 30 per cento rispetto al 2022 quando in un anno sono state contate 68 atti di violenza, tutti puntualmente documentati sulla pagina facebook “Nessuno Tocchi Ippocrate” che da anni svolge un prezioso ruolo di Osservatorio. 

Il copione, ma anche il luogo delle minacce, sono gli stessi di un precedente episodio avvenuto a dicembre. È la sera del 14 gennaio, il mezzo di soccorso della postazione “Pietravalle” viene allertato dalla centrale per un intervento in Via Calata Capodichino. Una paziente oncologica terminale sta male, i familiari chiedono aiuto immediato. L’ambulanza non è medicalizzata: i dottori ormai si contano ormai sulla punta delle dita. Solo negli ultimi due anni sono andati via in 40 pur di sottrarsi ai turni massacranti e alle violenze senza alcun riconoscimento economico e di carriera. Ma torniamo a Calata Capodichino: sul posto, giungono un infermiere e un autista. Subito sono accolti con insulti di ogni tipo perché manca il medico a bordo. A quanto pare congiunti del paziente hanno bisogno soltanto di una visita domiciliare. Come se il 118 fosse un servizio privato. In assenza del medico l’autista viene allontanato in malo modo con gravi offese riferite al suo sovrappeso. È costretto a scendere giù al palazzo e ad attendere. Per l’infermiere scatta un brutto quarto d’ora: attimi di panico quando una parente della paziente ripete più volte al figlio «Vai a prendere la pistola». 

L’infermiere con una scusa prova ad allontanarsi, fa per scendere le scale, vuole scappare, andare via ma viene fermato e ricacciato in casa.

La porta alla sue spalle viene chiusa a chiave. La salvezza è proprio nell’autista che capita l’antifona allerta la polizia che giunge sul posto e identifica gli aggressori. Un episodio emblematico del livello di degrado civile nel quale gli operatori sanitari sono costretti ad operare. Un frangente del tutto simile a quello avvenuto nel dicembre scorso quando l’equipaggio del San Gennaro, proprio a calata Capodichino, rimase ostaggio con un’arma da fuoco puntata addosso. Come se la minaccia di una pistola potesse migliorare le attenzioni e le cure prestate a un paziente. Insomma la solita follia violenta. 

Ora sono in arrivo i drappelli di polizia al Cardarelli, all’Ospedale del mare e al Pellegrini. Lo prevede il Piano annunciato nelle principali città italiane dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Saranno sufficienti per garantire in maniera capillare la sicurezza dei camici bianchi? «È impossibile militarizzare la Sanità e con i militari scongiurare le tante aggressioni che avvengono ogni giorno non soltanto nei pronti soccorso – sostiene Giuseppe Galano, segretario regionale del sindacato rianimatori ospedalieri Aaroi Emac che guida anche la centrale operativa del 118 – non si può essere presenti in ogni intervento, bisogna agire innanzitutto sui livelli organizzativi e di personale rendendoli adeguati e studiando nuove misure di contrasto».

Di parere diverso invece Manuele Ruggiero, medico del 118 della Asl Napoli 2 nord (ex Napoli 1) e animatore della pagina facebook Nessuno Tocchi Ippocrate: «Ringraziamo il governo per aver risposto rapidamente alla nostra richiesta di polizia all’interno dei pronto soccorso, adesso però servono tutele per il personale che lavora sul territorio, l’unica soluzione per il 118 resta la qualifica di pubblico ufficiale. Insieme alle telecamere a bordo dei mezzi si chiuderebbe il cerchio delle misure di sicurezza che chiediamo dal 2017». 

Posti di polizia in ospedale che da anni sono anche il cavallo di battaglia di Francesco Emilio Borrelli, ex consigliere regionale di Europa Verdi, oggi deputato, anch’egli impegnato a segnalare e denunciare i tanti casi di vessazioni inaccettabili consumate ai danni dei camici bianchi. «A Napoli – dice il parlamentare - i mezzi di soccorso sono continuamente ostacolati sia delle auto in sosta selvaggia che dai veicoli che procedono sule corsie preferenziali come quotidianamente denunciato dell’Associazione “Nessuno tocchi Ipocrite. Servono pene più severe». I drappelli di polizia in ospedale? Giovanni De Lisa è un medico in pensione, ex primario del pronto soccorso del Fatebenefratelli: «Quando ho letto la notizia sul Mattino del Piano del ministro Piantedosi sono andato a recuperare un’agenda del 2007. Era il 17 gennaio. Fui ricevuto dal Questore per affrontare proprio questo nodo. Da qualche mese era stato soppresso il servizio in tutti i Pronti soccorso della città, anche nel mio. Nel giro di pochi giorni ci fu un netto aumento di imprevisti scontri con l’utenza. Al Questore illustrai i rischi di tale soppressione. Ci dissero che mancava il personale. Ora spero si ricostruisca la sicurezza negli ospedali».

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